8x57JS, Il Signore della Guerra.

WUNDERBAR!

Strano destino, quello del venerabile vecchio Otto. Nato dalla Gewehr-Prüfungskommission, servì la Germania in due conflitti mondiali, ha superato brillantemente il secolo di vita e non sembra che lo scorrere inesorabile del tempo abbia intaccato la sua straordinaria efficacia.

Questo attempato firmaiolo prese servizio nel lontano 1888. Il mondo era profondamente diverso da quello odierno. Ma allora come oggi, la potenza e il prestigio di un paese si misuravano sulla punta delle baionette. Erano passati solo pochi decenni dalle guerre risorgimentali, e questo calibro tedesco, assieme all’arma che lo portò sui campi di battaglia, era destinato a rivoluzionare la dottrina militare, la tattica e l’impiego stesso della fanteria. Pochi anni prima, Garibaldi aveva affermato che il fucile era solo il prolungamento del manico della baionetta, dichiarando al mondo quanto poco efficienti e affidabili fossero le armi della fanteria rinascimentale. Ma il mondò cambiò improvvisamente nel 1888.

La cartuccia militare 8x57J nasce per essere impiegata in quel trionfo di ingegneria che fu il Gewer 88. La prima azione dell’era moderna, affidabile e dannatamente efficiente, poteva camerare solo la cartuccia più prestante che mente umana avesse mai creato. Sormontata da una palla blindata Round Nose da 227 grani, di sezione pari a .318 inch, la cartuccia M88 nascondeva un cuore tecnologico rivoluzionario: 2,75 grammi di polvere monobasica di Nitrocellulosa, in grado di spingere la pesante ogiva a 620 ms, con energia devastante e traiettoria radente. La polvere infume garantiva prestazioni eccezionali: lo sparo non produceva una colonna di fumo di fronte al fante, rivelandone la posizione e al tempo stesso rendendolo cieco per un lasso di tempo. La velocità sviluppata era notevolmente superiore a quella della polvere nera e agli altri propellenti ancora in uso. Temperatura e umidità non affliggevano la balistica, Il neonato 8x57j era il campione del suo tempo, che poneva nuove basi di impiego e dava un vantaggio indiscusso alla fanteria Prussiana. Inutile dirlo, gettò nel panico gli Stati Maggiori di mezza Europa. Di fatto una fanteria addestrata all’uso di un simile connubio arma munizione, avrebbe goduto di un vantaggio travolgente, con capacità di ingaggio a maggiori distanze, maggior letalità e una affidabilità che non aveva concorrenti. La rincorsa fu lunga, e possiamo oggi affermare che non venne mai colmato il gap tecnologico e balistico, almeno fino al 1945. Gli Inglesi svilupparono il notevole .303 British, i Russi il 7,62x54R, gli Americani il mirabile 30.06, e noi Italiani il mai rimpianto 6,5 Carcano. Nessuno di Questi, tuttavia, riesce a battere il buon 8×57. Il calibro inglese è preciso, ma ha sofferto fino alla fine del suo servizio di problemi legati alle polveri, soprattutto in climi torridi. Il 30.06 ha goduto e gode di una diffusione indecente, ma non ha mai perso quel viziaccio dei Flyers, e in fin dei conti il disegno obsoleto ne ha decretato la fine della carriera militare: troppo lungo per armi con alta cadenza di tiro, troppo potente per un’arma automatica leggera. Il sovietico 7,62x54R fu forse l’unico a reggere l’urto, grazie anche ai quantitativi esorbitanti di armi prodotte, rozze forse ma affidabili e precise. Durante il secondo conflitto mondiale si diceva che gli Inglesi fossero andati in guerra con un fucile da tiro a segno, i Tedeschi con uno da caccia, e che solo gli Americani avessero un’arma da guerra.

Inutile cercare l’origine di questa fola. Intanto i fratelli Mauser non si erano seduti sugli allori, continuavano incessantemente lo sviluppo e il miglioramento dei loro sistemi d’arma. Il proiettile venne modificato con l’introduzione di una nuova ogiva , dal diametro di .323 inch e dal peso ridotto a 154 grani capace di una velocità alla bocca di ben 880 ms. La polvere utilizzata era per la prima volta una bibasica, Nitrocellulosa e Nitroglicerina, Una munizione innovativa che poneva questa nuova cartuccia su un piano notevolmente superiore.

Un fante tedesco della Grande Guerra armato di Gewehr 98.

Per evitare pericolosi errori la novella munizione assunse la denominazione Ufficiale di 8×57 JS, dove il suffisso sta per Infanterie Spitz Geschoss, ovvero proiettile spitzer per fanteria. Entrò definitivamente in servizio nel 1905, determinando un ulteriore scossone negli stati maggiori Europei, i cui generali erano probabilmente stati formati sulle dottrine napoleoniche, del tutto incapaci di comprendere completamente il potenziale di questi progressi.

Nel 1933, quando la Germania aveva di nuovo avviato la corsa agli armamenti, il vecchio K98 venne sottoposto ad una sostanziale revisione, e con esso la munizione destinata alla fanteria. Il proiettile scelto, neanche a dirlo, era un campione di balistica. Una palla spitzer di ben 13 grammi con design boat tail , in grado di esprimere velocità e radenza allora inarrivabili dagli altri calibri militari europei, ben 760 ms, supersonica fino a 1000 metri e dal potere lesivo altissimo, grazie anche ad un coefficiente balistico eccezionale, di poco superiore a .590. Il nuovo proiettile era indispensabile per consentire una perfetta combustione nelle canne più corte dei K98 Kurz, ed era stato concepito affinchè fosse precisissimo, e potesse penetrare blindature leggere grazie al mantello in acciaio. Le vecchie palle da 154 grani furono pensionate, troppo elevata la vampa nelle corte canne dei nuovi fucili della fanteria. Durante il secondo conflitto vennero prodotte munizione di ogni tipo, da quelle traccianti (diurne e notturne) a quelle incendiarie per uso aereonautico, fino a proiettili più leggeri con blindatura speciale destinati ad armi di precisione per tiri a lunga distanza.

Tutte vennero impiegate, senza problemi di sorta, nella carabina di ordinanza delle forze armate, il K98. Mai nella storia umana un’arma e un calibro hanno legato strettamente i loro destini come K98 e 8x57JS.

Se da un lato questo ne ha permesso una prima diffusione a livello mondiale, successivamente ne ha determinato un prematuro declino.

Il venerabile K98 ha di fatto costituito la colonna vertebrale delle forze armate tedesche per ben due guerre mondiali. Nessuna carabina a ripetizione manuale ha contagiato l’immaginario collettivo quanto questa. Se pensiamo idealmente ad un Bolt action avremo immediatamente in mente la sagoma di un 98.

Il cuore di questo impianto balistico, arrivato a noi immutato dopo quasi 150 anni, è la magnifica azione Mauser.

La configurazione tradizionale prevedeva una rotazione dell’otturatore di ben 90 gradi per poter aprire l’azione. Unitamente al saggio disegno del bossolo e alla buona fattura dell’arma, questo aspetto garantiva una estrazione fluida, esente da incollamenti e inceppamenti di alcun genere. Anche con la camera di scoppio estremamente sporca e in condizioni disperate l’azione garantiva, e garantisce, una spettacolare affidabilità. La solidità del progetto, con ben 3 tenoni, è una polizza contro incidenti da sovrapressione, sempre possibili sul campo di battaglia: che la canna non si sporcasse di fango o peggio si otturasse accidentalmente nelle guerre di trincea era praticamente impossibile. La sicura del K98 era e rimane un esempio fulgido di genio progettuale. Anzitutto la caratteristica forma a bandiera ha diversi scopi. Può essere azionata facilmente con mani guantate o peggio sporche di fango sangue e sudore. Il passaggio dalla posizione intermedia, nella quale è possibile aprire l’otturatore con l’arma in sicura, a quella di fuoco è immediato, azionabile col pollice della mano destra in una frazione di secondo. Con la sicura posizionata sulla destra la manetta dell’otturatore è bloccata, e l’arma ovviamente in sicura. Questo aspetto rende facile comprendere la versatilità di un’arma destinata ai campi di battaglia. Un otturatore bloccato è sicuro dentro una trincea, durante un lancio con paracadute o una discesa con gli sci. Ma l’aspetto che più contraddistingue e rende unico il sistema di sicura del K98 è un altro. A differenza di tutti i sistemi fino ad allora concepiti, quello dei fratelli Mauser è sicuro per davvero. Agendo sulla bandiera il percussore viene bloccato da un recesso nel profilo della culatta. Di fatto non può avanzare, a meno di spaccare un blocco di acciaio tedesco di quasi 2 cm di diametro. Questo permette di portare l’arma in totale sicurezza con il colpo in canna e di fatto carica. Se credete che sia un vantaggio da poco vi sbagliate. Durante la seconda guerra mondiale moltissime armi, specie quelle automatiche, provocarono incidenti mortali. Tutte le pistole mitragliatrici del conflitto erano concepite per sparare ad otturatore aperto, e se questo da un lato ne aumentava enormemente il volume di fuoco di contro le rendeva prone a spari accidentali per semplice caduta dell’arma. In alcuni casi, un esempio è lo STG44, la natura degli inneschi combinata alla meccanica dell’arma era tristemente nota per generare disastri. Lo Sturmgewehr poteva dare luogo a spari accidentali semplicemente rilasciando la manetta di armamento in chiusura, innescando potenzialmente una raffica mortale.

Tutte queste casistiche erano veramente impossibili con il K98, arma sicura e robusta sopra ogni altra. Chiaramente le esigenze belliche rivelarono presto quanto la tattica fosse mutata. La meccanizzazione progressiva della fanteria, lo strapotere dell’arma aerea e lo spostamento dei conflitti dal campo aperto ai centri abitati avevano decretato la nascita di nuove dottrine e sancito la fine dell’impiego di cartucce potenti come l’8x57JS. Dato che gli scontri a fuoco avvenivano per lo più a distanza ravvicinata non aveva più senso disporre di una cartuccia precisa e mortale a 1000 metri. Le pistole mitragliatrici, capaci di vomitare un fiume di piombo in pochi secondi, sostituirono presto le lunghe e scomode carabine. La dottrina del tiro mirato lasciò spazio a concetti come saturazione d’area, volume di fuoco, tutto riassumibile nel motto americano “Spray and Pray”. I fanti preferivano poter portare centinaia di proiettili piccoli e poco pesanti piuttosto che una trentina di cartucce lunghe e difficili da gestire nel teatro urbano. L’evoluzione finale di questa dottrina fu la nascita dello Sturmgewer 44, primo fucile d’assalto della storia, concepito per dare un alto volume di fuoco entro i 500 metri alla fanteria, in funzione di un utilizzo, sempre più prossimo, a difesa del cuore della Germania accerchiata. Il potere devastante che questa arma rivoluzionaria dimostrò nei reparti rischierati come truppe d’arresto fu dirompente.

Assieme al Panzer Faust fu sicuramente il principale armamento utilizzato nella strenua difesa di Berlino, nella primavera del ’44.

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La fine del secondo conflitto vide la Germania e le sue aziende nuovamente distrutte. Gli stabilimenti Mauser, pesantemente bombardati, vennero rasi al suolo come gran parte delle aziende produttrici di munizioni. Poteva sembrare la fine del buon K98, ma i tempi erano difficili e vista la durezza dell’economia di guerra, i Mauser tedeschi confiscati non vennero distrutti. Molti eserciti europei, smantellati dall’invasione tedesca anni prima, avevano bisogno di essere riarmati, e i magazzini tedeschi erano pieni di armi perfettamente in ordine. In più, gli stabilimenti siti in jugoslavia e Cecoslovacchia erano ancora operativi. La bontà del progetto ne prolungò la vita operativa di alcuni decenni. Ancora oggi, nei conflitti di mezzo mondo, se osservate potreste vedere un vetusto K98 in ordine di combattimento, ancora capace di esprimere prestazioni notevoli. Migliaia di residuati presero la via degli Stati Uniti, e molti altri approdarono in Australia. In pochi anni i mercati civili vennero invasi da queste efficienti armi preda bellica, ormai votate all’uso venatorio. Con pochi dollari era possibile sporterizzare un K98 svestendolo della divisa e rendendolo un efficace strumento da caccia.

Ed è stato così che americani ed australiani hanno cominciato ad apprezzare le doti balistiche del nostro 8x57JS. Molti di coloro che avevano subito gli effetti delle pesanti palle da 8mm, finirono per apprezzarne le doti venatorie. La storia a volte si fa beffe delle virtù umane. I K98 non vinsero la guerra, ma conquistarono comunque il mondo. Ad oggi sul mercato sono disponibili una infinità di ogive da 8mm, la maggior parte delle quali concepite e destinate all’impiego nel nostro calibro. Questa capillare diffusione nel mondo venatorio, se da una parte ha tenuto in vita e fatto apprezzare il vecchio Otto, alla lunga è diventata una eredità pesante e difficile da gestire. Sul mercato americano la maggior parte delle carabine in 8 mm sono vecchie Mauser con ormai 80 anni, e minimo un conflitto sulle spalle, cosa che ha spinto le aziende di munizioni a produrre cartucce con doti balistiche sempre più fiacche e pressioni di esercizio molto garbate. Questo ha prodotto una crescente sfiducia nel buon 8x57JS, che ad oggi resta apprezzato dai molti ricaricatori di oltre oceano. Le aziende americane hanno tutte in catalogo palle da 8mm, e solo alcune sono fruibili per i due calibri statunitensi in .323.

Le cose vanno molto meglio in Europa, dove il buon Otto gode ancora di massimo rispetto presso i cacciatori di ungulati. Le aziende Europee producono ottime munizioni, precise e dotate di ogive di ottima qualità. Le principali aziende armiere producono carabine da caccia in questo calibro, sia bolt action che semi automatiche, e capillare è la diffusione di armi basculanti camerate nella versione con collarino della nostra cartuccia, il monumentale 8x57JRS, principe indiscusso della caccia in braccata. Da un punto di vista meramente venatorio, l’ 8x57JS è un calibro perfettamente in grado di abbattere pulitamente ogni ungulato europeo. Il passo di rigatura tipico lo rende ottimo con le palle di granitura pesante e molto pesante. I proiettili che meglio esprimono le doti del vecchio teutonico sono quelli da 200 e 220 grani, capaci di grande penetrazione e cessione di energia anche su animali coriacei e dalla vitalità eccezionale. La velocità alla bocca e i valori energetici espressi lo rendono un calibro perfetto per la caccia in ambienti boscati, dove il tiro difficilmente supera i 200 metri. In un secolo di pratica venatoria, sono stati abbattuti orsi, cinghiali, cervi, e animali africani di mole molto maggiore, spesso utilizzando normali palle soft point da 200 grani. Quasi sempre, a questo punto della narrazione, troverete scritto che il vecchio 8x57JS è “praticamente equivalente” all’ottimo 30.06. Trovo che sia una enorme banalità. E che non corrisponda in pieno al vero. Il vecchio 8 è notevolmente superiore al 30.06 , lo era sui campi di battaglia e lo rimane su quelli di caccia. L’equilibrio espresso da questa attempata cartuccia resta tutt’ora imbattuto. Prima di balzare a conclusioni affrettate si consideri quanto segue: In 8x57JS erano camerate le terribili MG34 e MG42, armi dotate di un volume di fuoco ancor oggi impressionante, capace di sciogliere in breve le canne e generare il panico nelle truppe avversarie ( leggenda vuole che gli americani tentarono di preparare psicologicamente i soldati prima dello sbarco in Normandia, spiegando che semplicemente il frastuono dei nidi di mitragliatrice tedeschi era in grado di scatenare il terrore). Queste armi ancora oggi rappresentano una pietra miliare quanto ad affidabilità e costanza, essendo capaci di sparare 1200 proiettili al minuto. Esistevano armi semiautomatiche in 8x57JS, come l’ottimo Gewer43, e fino a pochi decenni fa sono rimaste in servizio carabine semiautomatiche in questa cameratura, principalmente destinate al tiro mirato come l’ottimo Zastava M76. In armi di ottima fattura e dotate di ottiche adeguate, il calibro teutonico è in grado di spettacolari abbattimenti fino a oltre 500 metri, perchè oltre ad essere sufficientemente potente, è anche estremamente preciso, specialmente con ogive di ultima generazione con Coefficiente balistico elevato e profilo boat tail. Tutti primati che il sovrastimato 30.06 non può in alcun modo vantare, col suo bossolo troppo lungo per non incepparsi, con il vizietto dei flyers e quell’alone intramontabile di “good for all, master of none”. Lo ammetto sono di parte, ma solo perchè ho toccato con mano le differenza, e i dati oggettivi non possono essere cancellati da preconcetti.

Cartoline da un’epoca lontana.

Come detto in un precedente articolo, il segreto del successo, per le ogive da 8mm, risiede tutto nel valore aureo della densità sezionale, concetto sempre più misconosciuto e sottostimato. Una palla in calibro .30 e una da 8mm hanno doti balistiche molto simili. In un calibro standard la balistica esterna differisce di poco davvero, ma la balistica terminale è terribilmente diversa: un animale leggero, colpito a distanza elevata, con una palla da 8mm cadrebbe sul posto, mentre con una ogiva di pari peso e costruzione, riuscirebbe a percorrere diversa strada prima di cadere. Questa differenza l’ho potuta osservare più volte, soprattutto su animali di mole modesta. Non si cada nel tranello della sezione frontale, giacché la cessione dell’energia dipende solo in parte da essa. Il differente comportamento è da attribuire ai valori piuttosto bassi di densità sezionale, che si traducono in una cessione brutale di energia alla preda. Nel tempo questo gap è stato colmato dalla evoluzione tecnologica delle palle in calibro 30. Ogive moderne quali le SST e le ELDX riescono a garantire una cessione di energia impensabile solo qualche anno fa, con una penetrazione eccellente in grado di raggiungere facilmente gli organi vitali. Le stesse ogive, oggigiorno, sono disponibili anche in 8mm, e sono una vera e propria iniezione di vitalità per il vecchio Otto. Le SST in particolare sono attualmente lo standard da battere per quello che ho avuto modo di provare. Pur avendo un peso a mio avviso non ottimale, producono una balistica esterna stupefacente, con una radenza che ha quasi dell’incredibile su un calibro standard. Gli effetti terminali sono sempre straordinari, soprattutto a distanze medio alte. Può mancare di penetrazione su prede molto grandi, che comunque richiederebbero una attenzione particolare anche con ogive più pesanti.

Tuttavia va tenuto sempre a mente che questi proiettili costituiscono una novità, quantomeno una eccezione nel panorama delle ogive da 8mm. Come tutti i calibri di origine ottocentesca e militari per nascita, anche il nostro era stato concepito per palle a profilo arrotondato, molto lunghe e pesanti. Freebore lunghissimi e precisione assoluta non vanno perfettamente daccordo. Quindi nel caso usaste un’arma militare sporterizzata, raggiungere una precisione elevata non sarà sempre possibile.

A caccia di cinghiali col K98? Perche no…

Con armi da caccia, concepite per l’impiego venatorio e dotate di ergonomia e scatto idonei alla bisogna, questo risulta invece molto più semplice. Va pur detto che il principale campo di impiego di questo bel calibro è e resta la caccia in ambienti boscati, laddove il tiro non eccede quasi mai i 200 metri, e palle pesanti dal profilo panciuto garantiscono tiri diritti anche nella vegetazione più fitta. Le prede di elezione sono costituite da tutta la selvaggina maggiore europea e buona parte di quella africana. Una buona arma con canna da 56 centimetri risulterà estremamente bilanciata e permetterà comodamente tiri privi di compensazione fino a distanze canoniche. Il rinculo non è mai punitivo, e si fa sentire solo nelle vecchie armi militari con calciolo in acciaio.

Su prede di mole modesta assisteremo a uccisioni rapide e di norma con danni alle carni molto contenuti. Su prede di dimensioni maggiori, specialmente con palle da 200 grani, gli abbattimenti sono sempre puliti, senza fughe o sofferenze protratte. Solo su animali molto grandi e vitali, come cinghiali abbondantemente sopra il quintale o cervi maschi adulti, il vecchio 8×57 ha bisogno di un aiuto. Soprattutto per tiri piazzati da un buon appostamento, personalmente raccomando l’uso di ogive da 220 grani. Sebbene nella stragrande maggioranza dei casi 200 grani siano più che sufficienti, nei casi sopracitati un vantaggio in termini di penetrazione non è da sottovalutare. Nei tiri di tre quarti, oppure frontali, su animali corpulenti, le ogive pesanti riescono a produrre sempre un foro di egresso, che funziona come una buona polizza assicurativa. Due fori quadruplicano la velocità di dissanguamento, e determinano una traccia odorosa che un buon segugio non esiterà a seguire. Su animali grandi ho imparato che energia in abbondanza non guasta mai, ma nel caso in cui si presenti l’opportunità avendo fra le mani in vecchio Otto, meglio non farsi cogliere impreparati. I primi tempi che cacciavo, utilizzando proprio un K98 in 8x57JS, mi capitò di sparare ad un grosso verro di punta. L’animale cadde a terra tramortito, per poi rialzarsi e scappare nel bosco lasciandomi a bocca aperta.

Colpito al collo, in modo perfetto, era riuscito comunque a percorrere diverse decine di metri. Senza perdere una goccia di sangue. Solo il cane riuscì a risolvere la situazione, ma fu per me una cocente lezione. La palla, una soft point da 196 grani, era penetrata fino alle viscere ma senza uscire. La copiosa emorragia interna aveva ucciso l’animale ma senza produrre traccia alcuna. Una palla più pesante, anche se morbida, avrebbe prodotto un foro di uscita con diverso finale. Sebbene sia un calibro capace di esprimersi al meglio in canne lunghe e molto lunghe, va notata una non comune attitudine a lavorare bene anche in canne corte. Tradizionalmente, al pari dei cugini 7×57 e 9,3×62, è uno dei calibri principe per i corti stutzen di tradizione Mitteleuropea. Le corte armi con fusto integrale in legno, destinate agli appoggi precari tipici delle cacce in zone boschive, sono quanto di più elegante e bello da vedere. Hanno il solo difetto di esser rare e molto costose. Esiste un ulteriore ambito venatorio in cui il vecchio Otto eccelle e in cui soffre la sola concorrenza del muscoloso cugino 9,3×62: il recupero di ungulati feriti. L’ottimo potere di arresto e la capacità di attraversare vegetazione e ostacoli, unitamente alla già citata capacità di lavorare bene in canne molto corte ne fanno una scelta di elezione.

M12 Trail , concepita per il recupero degli Ungulati. Camerata in 8x57JS è un’ottimo strumento di lavoro.

Le palle pesanti e morbide con cui solitamente viene impiegato sono una ulteriore assicurazione per l’incolumità del cane da traccia. Oggi esistono carabine specificatamente destinate ai conduttori di cani da sangue, leggere affidabili e soprattutto agilissime nei passaggi più angusti e nel fitto più impenetrabile.

Il recupero è un universo a se, chiuso e bellissimo, costituito da un manipolo di eletti che lavorano gomito a gomito coi loro ausiliari, cani fenomenali a cui sembra mancare soltanto la parola: in un mondo ormai guasto in cui i cani oggetto sono un succedaneo orribile dei rapporti umani, generato dall’incapacità odierna di comunicare ed esprimersi, vedere un cane da traccia all’opera col suo conduttore è uno spettacolo che apre il cuore e nutre l’anima.

Mire istintive, canna corta e calcio ad alta visibilità.

Prima di passare ad esaminare gli aspetti più tecnici è doveroso soffermarsi sulla parentesi africana che, nella lunga vita del nostro 8x57JS, è un capitolo importante. Quando la Germania decise di espandere i propri confini in terra d’Africa, molti furono i coloni che abbandonando il suolo natio cercarono fortuna nel continente nero. Erano per lo più persone in cerca di fortuna, o che avevano perso tutto e tentavano una nuova strada. Non erano abbienti viaggiatori, e nella migliore delle ipotesi avevano un vecchio 88 o un 98 della Grande Guerra come unica difesa contro fiere e razziatori di raccolti. Certo non erano i migliori attrezzi per fronteggiare Bufali, Elefanti e Leoni, ma anche nelle condizioni estreme dell’Africa il calibro tedesco seppe mantenere alto lo standard. Per molti anni fu l’unico a disposizione nelle colonie tedesche, insieme al meno prestante 7×57. Si diffusero presto ogive da 200 e 220 grani, sia completamente blindate che semiblindate. Sugli animali di mole gli effetti terminali non erano di certi esaltanti, e presto divenne evidente che era indispensabile concepire una nuova cartuccia che potesse mettere i coloni in grado di difendere se stessi e i raccolti. Il buon Otto fu la base di partenza per lo sviluppo del nerboruto 9,3×62. Il geniale Otto Bock, armaiolo berlinese, con intuizione notevole seppe sfruttare l’impianto balistico del Modello 98 nel migliore dei modi: Disegnò una nuova cartuccia con il medesimo fondello dell’8x57JS, bossolo più generoso e palla da 9,3mm. Semplicemente sostituendo la canna, il K98 d’ordinanza poteva trasformarsi in una ipertrofica carabina camerata nel modernissimo 9,3×62, capace di atterrare pachidermi e bufali con monotona costanza. La pressione di esercizio era sempre la stessa, entro i 3900 bar, così che l’affidabilità dell’arma rimanesse invariata a garanzia di una vita lunga per arma e cacciatore. La collaudata azione continuava a lavorare, anche in climi torridi e condizioni di utilizzo proibitive, con incrollabile affidabilità.

Tra i vari primati assoluti di questo campione del passato ne abbiamo volutamente tralasciato uno. Perchè non solo il vecchio Otto fu il primo calibro tedesco a polvere infume, non solo fu il primo a contenere una polvere Bibasica con Nitroglicerina , componente che rende la polvere insensibile all’umidità, non solo fu il primo con prestazioni moderne, supersonico fino a 1000 metri, con proiettile in piombo e blindatura in acciaio, profilo Boat Tail con coefficiente Balistico Esorbitante. No! Perchè la Munizione M88, partorita dalla Gewehr-Prüfungskommission nel lontano 1888 fu anche la prima munizione rimless della storia, e i progettisti erano così sicuri del lavoro svolto da impiegarla nel più duro e difficile dei teatri, la Guerra. Mai prima di allora un calibro militare era stato concepito senza collarino. Oltre a costituire un blocco meccanico assicurando il corretto posizionamento nella camera di cartuccia, la spesso bordo esterno del fondello era un appiglio solido e certo per l’unghia dell’estrattore, garanzia dell’espulsione del bossolo spento anche nelle condizioni peggiori. Il risvolto della medaglia erano una necessaria attenzione in fase di caricamento, una fluidità non eccelsa in fase di caricamento e una certa tendenza ad incepparsi con lo sporco e i residui di sparo. Il mostruoso 8x57JS, invece non mostrava alcun problema in fase di riempimento del caricatore, anzi, le munizioni erano inserite in apposite piastrine da 5, al fante era solo richiesto di appoggiare la piastrina al solido incavo dell’azione e spingere in basso col pollice. In un attimo il caricatore era pieno e il fucile pronto all’uso. Se questo vi pare poco provate a pensare a cosa debba essere riempire il caricatore sotto il fuoco nemico, e quanto sia più semplice eseguire questa azione in modo meccanico grazie ad una semplice innovazione tecnologica. Garantire una fluidità di caricamento assoluta era solo metà dell’opera, perchè essere certi dell’espulsione del bossolo esausto era probabilmente ancora più vitale. Un bossolo senza collarino pone una sfida ingegneristica senza precedenti, e solo la eccelsa azione 98 era all’altezza. Il concetto cardine resta sempre il medesimo: non esiste una munizione, un’arma, un esercito. Il connubio tra Azione Mauser 98 e la cartuccia 8x57JS sono la spina dorsale della dottrina militare dal 1888 al 1940, non esiste separazione, non esisterebbe l’una senza l’altra, un matrimonio perfetto e duraturo. Bossolo rimless, dunque, il primo mai concepito. Spalla pronunciata e perfettamente capace di “scollare” il bossolo dalle pareti della camera di scoppio, colletto pronunciato atto a fermare lunghi proiettili ma al tempo stesso perfettamente proporzionato, tanto da renderlo idoneo all’impiego su armi automatiche ad alto volume di fuoco.

Il volume interno non è eccezionale, ma consente di ottenere prestazioni di rilievo con le polveri odierne. Le pressioni di esercizio non sono mai esagerate, e con bossoli di buona qualità si possono eseguire numerose ricariche.

Per utilizzi venatori si raccomanda sempre l’impiego di inneschi di tipo standard, mentre per climi estremamente rigidi non è peregrino considerare l’impiego di inneschi magnum, come peraltro consiglia il manuale Norma. Nell’approntare una ricarica ad uso venatorio, sarà necessario porre grande attenzione alla cura del bossolo: questo aspetto viene spesso tralasciato da più fonti ma assume una importanza basilare laddove si voglia raggiungere una precisione ottimale. È probabile che questa leggerezza derivi dal fatto che il 90% dei ricaricatori preparano munizioni destinate a gare ex ordinanza per i vecchi K98. Pur essendo armi ben costruite restano sempre ferri da battaglia, e a meno che non siano state sostituite le canne con delle moderne Lothar Walther da competizione, le tolleranze sono piuttosto generose. Differente il discorso se prendiamo in considerazione un’arma da caccia, la cui camera di scoppio sarà estremamente precisa e richiederà una cura adeguata nella preparazione del bossolo. Un ulteriore attenzione va riservata alla lunghezza di cartuccia, perché se le vecchie carabine di derivazione militare disponevano di un free bore elevato, una moderna arma da caccia potrebbe avere caratteristiche ben diverse.

La medesima prudenza la consiglio per le dosi ricarica, in rete ne trovate a centinaia, ma quasi la totalità si riferiscono a ogive da tiro del peso canonico di 13 grammi. Le ogive da caccia, per peso e costruzione, potrebbero generare pressioni notevolmente diverse, onde per cui si deve sempre fare riferimento ad un buon manuale di ricarica e utilizzare un po’ di buon senso. Un buon consiglio è quello di acquistare Dies di ricarica di buona fattura, ne esistono molti a buon mercato ma come sopra spiegato sono molto spesso destinati a contesti in cui la precisione richiesta è intrinsecamente bassa, e mal si adattano ad armi di qualità. Ricordate sempre che il cuore della ricarica è il bossolo, e disporre di bossoli perfettamente preparati è più di metà dell’opera. Un set di dies di buona qualità costerà di più ma sarete certi che tutte le cartucce abbiano la medesima lunghezza, senza doverle ricontrollare una per una. Per il resto, non occorre nessuna preparazione differente dal solito, una volta formattati e rifilati a lunghezza i bossoli possono essere innescati e ricaricati.

Le polveri virtualmente utilizzabili sono moltissime. Si va dalle eterne N140, N160, fino alle superbe Norma 202, 230B, 204 e addirittura MRP, passando per le recenti RS50 e RS60. Le polveri più lente daranno ottimi risultati con le ogive più lunghe e pesanti, e saranno raccomandabili con le monolitiche e le bonded. Per chi intendesse approntare cartucce dedicate ad armi stutzen o con canne corte si raccomanda l’impiego di polveri abbastanza vivaci che garantiscano una combustione completa ed energie di tutto rispetto, e di valutare attentamente l’eventuale impiego di inneschi magnum. Questi infatti, generando una fiamma più lunga degli standard, potrebbero migliorare non di poco la resa e la combustione, ma innalzando un po’ la pressione di esercizio: solo una attenta valutazione delle dosi e dei segni di sovrapressione permetteranno di ottenere cartucce sicure ed estremamente efficaci in canne corte. Nella ricarica dell’8x57JS e dell’ 8x57JRS ho sempre impiegato inneschi RWS standard, ottenendo ottima costanza e precisione. Va precisato, però, che ho sempre utilizzato, canne da 60 cm e palle solitamente pesanti, fattori che garantiscono condizione ottimali per ogni polvere da sparo. Per due stagioni di seguito, quando iniziai a praticare la caccia in battuta, impiegai con grande soddisfazione un K98 Norvegese. Non ho mai gradito le armi semiautomatiche, mentre col vecchio K98 avevo stabilito negli anni passati in poligono a sparare alla carta, un ottimo rapporto di fiducia. Stranamente la sua ergonomia si adattava perfettamente alla mia corporatura, e riuscivo a sparare bene in piedi in ginocchio come pure sdraiato. Il fatto che avesse fatto la Guerra lo rendeva, ai miei occhi, perfettamente in grado di superare le poche asperità della caccia al cinghiale. Lo dotai di un punto rosso, trovando un sistema che non mi costringesse a rovinare un’arma storica. Sviluppai diverse cariche con palle da caccia, basandomi sui consigli di amici e presunti esperti. I risultati furono a volte deludenti, altre esaltanti. Quel vecchio e pesante ferro da guerra fu il mio lasciapassare per la ricarica venatoria, e credo che quell’esperienza sia stata estremamente formativa.

Disporre di un solo colpo, all’atto pratico, in una caccia in cui si hanno pochi secondi per abbattere un selvatico estremamente vitale e potenzialmente pericoloso ti costringe a vedere e pensare in modo diverso. Un vecchio amico, esperto cacciatore ormai ottuagenario, mi prese sotto la sua ala e mi insegnò a leggere il bosco. Quali erano i viottoli buoni, quelli che venivano usati solo dal capriolo, e quelli che erano abbandonati. Continuò sempre a ripetermi che ero matto a usare quella spingarda, e che un colpo solo era dannatamente insufficiente. E ogni volta che abbattevo un cinghiale, continuava a ripetermi che era comunque da matti. Furono due stagioni estremamente intense. Riuscii ad avere molte occasioni e il vecchio 98 fece il suo dovere. Imparai a mie spese che alcuni sedicenti esperti in realtà parlavano per sentito dire, e mi convinsi che solo la sperimentazione sul campo poteva dare risposte certe. Solamente in due occasioni il connubio arma munizione si dimostrò insufficiente, con delusione cocente. Un grosso verro, dopo aver fatto il giro delle poste con tutti i cani al seguito, decise di sfondare proprio dove ero in attesa. Lo sentii erompere dal bosco e alzai la lunga canna del vecchio Otto, aspettando di vederlo comparire nel punto rosso. Così fu. Appena mi vide sgranò gli occhi, inchiodando letteralmente, zampe davanti tese e sedere a terra. Rapidissimo retrofront e impatto su una torma di cani ululanti. Dopo aver affrontato i cani e averli messi da parte tornò verso la mia posta, passando pochi metri più giu. Lo aspettai su un “viottolo buono” e lui, come un grullo, passò a tutta velocità, beccandosi una palla dietro la spalla. Con mia enorme disappunto tirò diritto, come nulla fosse, sparendo nel folto alle mie spalle. I cani si fecero coraggio e lo inseguirono. Lo trovarono morente poco oltre, ma il maledetto riuscì a ferirne un paio, fortunatamente in modo lieve. In altre occasioni avevo visto cadere animali colpiti in quel modo, ma la caccia è fatta di eventi inspiegabili a volte. In un’altra occasione, un animale sui 120 chilogrammi sfuggì alla scarica di fucilate delle poste sotto la mia posizione, e cercò di svignarsela salendo in alto, proprio dove lo stavo aspettando. Uscì dal folto e si diresse verso il centro della battuta sperando di farla franca.

Una buona giornata col vecchio Otto.

Un attimo prima che sparisse lo inquadrai e lasciai il colpo, mirando al prosciutto destro, unica porzione ancora visibile. Delusione totale… se ne andò tranquillo, come niente fosse. Venne abbattuto dopo poco. una volta sventrato ritrovammo la mia palla, era entrata nel prosciutto senza incontrare ossa, ed aveva finito la sua corsa nelle viscere. Aveva provocato una bella emorragia, tanto che era giunto alla posta in cui era stato abbattuto camminando piano piano e respirando a fatica. Mai, in nessuna altra occasione, mi sono sentito armato in modo inadeguato, e la storia che un colpo solo sia insufficiente, secondo la mia esperienza rimane una storia. Certo, poter contare su un secondo colpo come accade con gli Express è di sicuro un bel vantaggio, ma non deve essere un appiglio. Nella mia personale esperienza il 95% dei cinghiali abbattuti sono morti col primo colpo sparato. Solo in rari casi sono riuscito, dopo aver sbagliato il primo, a mettere a segno il secondo. Il principale responsabile di questa casistica è la natura del terreno di caccia, che nelle mie zone raramente da più di un paio di secondi di tempo per agire. Certamente chi caccia in spazi aperti avrà esperienze e opinioni differenti. Senza ombra di dubbio una moderna carabina con ergonomia eccelsa e una canna più corta sono da preferire e danno tutto un’altro gusto all’azione di caccia. Cio non di meno, ritengo che quel lungo lasso di tempo in cui mi trascinai dietro il vecchio K98 fu per me estremamente formativo. Se un ragazzo se l’era portato addosso in una guerra, in fin dei conti non era impossibile usarlo per una banale battuta di caccia: questo avevo pensato, e alla fine niente era andato storto.

Veniamo infine alle Ogive, che come sempre sono il nocciolo della questione. Ne ho utilizzate diverse nel corso degli anni, molte come detto sul vecchio K98, impiegato con soddisfazione sia in battuta che diverse volte per la caccia di selezione al Daino e Capriolo, altre invece nel più pacato 8x57JRS. Nella scelta della palla, dovremo stare molto attenti al tipo di selvatico che vorremo insidiare e al tipo di caccia che andremo a svolgere, onde massimizzare le prestazioni di questo bel calibro. Per la ricarica di munizioni destinate alla caccia, ho sempre evitato le ogive leggere, cercando di ottenere sempre una penetrazione efficace oltre che una buona cessione di energia.

SPEER HOTCOR 170 GRANI.

Ogive molto curiose. Costruite dalla Speer per impiego venatorio destinate squisitamente all’8×57. Come tutte le Hotcor sono palle bonderizzate, anche se il mantello e il nucleo non sono saldati così tenacemente come in altre ogive.

Questo le rende prone a perdere parte del loro peso in animali corpulenti, pur garantendo una penetrazione rilevante e comunque sufficiente a raggiungere gli organi vitali nei tiri a cartolina. Il profilo acuminato le rende indonee a tiri piuttosto lunghi, e garantisce un’ottima fluidità di caricamento. Utilizzando la RS60 sono riuscito ad ottenere una ricarica molto divertente e precisa, ottima su animali leggeri quali il capriolo. Con quasi 870 ms è una delle cartucce più gustose da sparare col buon K98, con radenza ottima e rinculo pastoso. Visto il costo di queste ogive e la buona affidabilità, sono consigliabili sia per prede leggere che per tiro ricreativo. Come limite di impiego porrei precauzionalmente i 100 kg di peso, specie su prede adrenalinizzate e molto vitali. Su tiri piazzati, tipici della caccia di selezione, si può osare di più senza pericolo, tenendo però a mente che difficilmente vedremo un foro di uscita su prede di mole.

HORNADY SST 170 GRANI.

RIVOLUZIONARIE.

Non saprei come altro definire queste splendide ogive. Hornady le ha concepite per la ricarica dell’8x57JS, creando un proiettile che di fatto non esisteva ancora. L’idea alla base del progetto era realizzare una palla con alto coefficiente balistico che producesse una balistica esterna mai vista, con radenza e conservazione di energia molto elevate. Il risultato è semplicemente sbalorditivo.

Le incredibili SST.

Non solo il proiettile è estremamente preciso, grazie al profilo boat tail, e al puntalino in polimero che ne esalta le doti aereodinamiche, ma è anche dannatamente efficace. Con canne da 60 cm è possibile ottenere velocità di tutto rispetto, prossime agli 870 ms, che rendono possibile un pratico impiego sul campo fino a 250 metri senza compensazioni. In canne leggermente più corte le prestazioni saranno sempre esaltanti, mentre di scarsa utilità risulteranno in canne corte, che difficilmente riusciranno a stabilizzare queste lunghe ogive. Un coefficiente balistico così elevato significa una minor superficie di contatto con la rigatura, quindi una canna lunga e polveri un po’ lente garantiscono maggior precisione e prestazioni molto elevate. La balistica terminale è superlativa: su animali leggeri vedremo abbattimenti fulminei con rilascio immediato di energia. Il peso non molto elevato, 170 grani, non fa pensare a distanze estremamente elevate e soprattutto richiede attenzione in caso di forte vento. Il proiettile, come tutti gli Hornady, è dotato di Anello Interlock, rinforzo volto a scongiurare separazioni tra mantello e nucleo in caso di impatti violenti o ravvicinati. Questo dovrebbe garantire una penetrazione efficace anche su animali di grande mole, ma visto il peso relativamente leggero non lo consiglierei su pesi massimi. A distanze medio brevi, vista la grande precisione, è consigliabile mirare deliberatamente alla base del collo in caso di incontri con prede molto grandi. A distanza elevata, invece, un tiro sul Blatt è sicuramente in grado di raggiungere gli organi vitali e produrre una morte rapida. Il design sconsiglia l’impiego su express in 8x57JRS. Di norma la collimazione delle canne viene eseguita con palle round nose, e cercare di far quadrare il cerchio con palle dal profilo così diverso è un po’ come entrare in mutande in una spinaia. Non ho mai impiegato queste ogive nella caccia in battuta, dove un profilo round nose a mio giudizio garantisce una penetrazione migliore nei tiri sporchi, ma credo che potrebbe dire la sua in terreni piuttosto aperti. Il miglior campo di impiego ritengo sia la caccia di selezione, con capriolo cinghiale e daino come specie di elezione. Non lo impiegherei su cervi adulti, dove un peso più elevato, o quantomeno una struttura più solida, sono da preferire. Una polvere che si è dimostrata ottima è la RS60, come pure la 203B di Norma. Per chi intendesse impiegarla su un vecchio K98, è da escludere l’impiego con tacche di mira e mirino: troppo diversa la balistica da quella dell’ogiva con cui l’arma è stata tarata a suo tempo. Con un’ottica decente è possibile ottenere rosate del tutto idonee all’impiego venatorio entro distanze umane. Con armi da caccia la precisione è decisamente migliore e la cartuccia risulterà una delle migliori per la caccia alla cerca e da appostamento, in grado di incrementare le prestazioni canoniche del calibro in oggetto e modernizzarle enormemente. Sebbene me lo riprometta da tempo non le ho mai provate in 8x68S, dove dovrebbero essere ottime per le lunghe distanze. Sebbene Hornady non le indichi che per le velocità miti del vecchio 8, la curiosità è notevole.

HORNADY ROUND NOSE 170 GRANI.

Molto versatili ed efficaci. Palle ultra classiche, dal design fuori dal tempo. Le ho impiegate in 8x57JRS, riuscendo con poche prove a raggiungere una collimazione accettabile a 50 metri. A velocità moderate è già in grado di rilasciare una buona dose di energia, e il profilo arrotondato permette tiri nello sporco senza patemi d’animo.

I due limiti di questa ogiva sono la scarsa reperibilità, sembrano ormai introvabili, e il peso piuttosto leggero. Su animali grandi ho osservato, soprattutto in battuta, una penetrazione non sempre efficace. Visto il costo era una delle migliori ogive con cui fare pratica o per la caccia ad animali di peso medio e leggero.

•⁸RWS H-MANTEL 187 GRANI.

Eterne ed efficaci. Assieme alle TIG, sicuramente sono le ogive più longeve e famose del mercato. La Struttura a doppio nucleo, che ha influenzato decine di produttori, è un biglietto da visita famoso nel mondo. Il nucleo anteriore è cavo, sormontato da un cupolino che avvia la violentissima espansione e frammentazione.

Quello posteriore è durissimo e deve penetrare in profondità e generare un foro di egresso molto netto e fustellato. Giunge a noi da un’epoca in cui non esistevano ogive con nucleo saldato al mantello, quando i due nuclei erano la soluzione più moderna, capace di generare danni immensi ad organi e tessuti e assicurare una pista di sangue che il fido segugio potesse seguire per scovare la preda morente, richiamando il conduttore sulla spoglia con il singolare abbaio sul morto. Mentre in 8x68S queste palle esprimono al meglio le loro enormi potenzialità, nel più placido 8x57JS sono fin troppo tenaci. Solo su animali grandi il nucleo anteriore riesce a lavorare adeguatamente, e comunque senza l’enfasi prodotta dalle alte velocità del fratello maggiore. Molti cacciatori le impiegano nei loro Express in 8x57JRS, anche se le annovererei tra le ogive meno indicate per la caccia in battuta. Personalmente ritengo che non riescano a farsi valere, nemmeno a breve distanza, e che pur essendo molto precise hanno un campo di impiego piuttosto limitato in questo calibro. Dato il profilo filante, non danno alcun problema di alimentazione, mentre la natura del nucleo posteriore tende a generare alte pressioni e richiede attenzione in fase di elaborazione delle ricariche.

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NORMA VULKAN 196 GRANI.

Un evergreen. Una delle migliori palle mai provate in 8mm. A dispetto delle chiacchiere sentite migliaia di volte, non è assolutamente una palla dirompente o che rovini la spoglia, per lo meno in .323. Molte delle leggende nate a detrimento di queste splendide ogive nascono da un impiego (non corretto) nelle battute di caccia al cinghiale.

Non nascono per tiri brucianti a distanze brevi, specie su animali di grande mole e massicci come i cinghiali. Nel 8x57JS, come pure nella versione con collarino 8x57JRS, possono tuttavia trovare impiego nella braccata, essendo ogive ben più solide delle omologhe in calibro .30 e in 9,3mm. Fino a pochi anni fa Norma le caricava in 8x68S, quindi è verosimile che fosse stata progettata per ben altre velocità; Nei tiri ravvicinati, alle velocità tipiche dell’8×57, garantiscono profondità e rilascio di energia elevato. Nei tiri più lunghi l’espansione non sarà mai violenta e su animali leggeri gli abbattimenti saranno meno rapidi con distanze di fuga variabili. Su prede di mole elevata invece vedremo sempre uccisioni pulite e rapide, anche sopra i 150 metri. Il design del proiettile garantisce un’ottima fluidità di caricamento e anche in armi semiautomatiche non darà problemi di sorta. Essendo una palla di peso elevato e dal buon coefficiente balistico sarà possibile cacciare in tutta tranquillità prede di mole, potendo contare su penetrazione, ottimo trasferimento di energia e precisione elevata anche a distanza. Senza grandi difficoltà è possibile ottenere ricariche precise e affidabili anche per l’8x57JRS. Il consiglio, per le ricariche destinate alle armi basculanti, è sempre quello di avvicinarsi il più possibile alle prestazioni delle ricariche commerciali, e partire da lì per ottenere il miglior raggruppamento.

NORMA ALASKA 196 GRANI.

Superlativa.

Ottima nelle armi basculanti camerate in 8x57JRS, al punto che quasi tutti i costruttori azzerano le loro armi con questa ogiva. I migliori abbattimenti a cui ho assistito nella caccia in battuta sono stati prodotti da un ottimo express Merkel in 8x57JRS con cartucce ricaricate con la pesante Alaska. Poche armi riescono ad essere più efficaci nei tiri brevi e medi di una buona doppietta Express, la cui ergonomia consente tiri istintivi in frazioni di secondo. Il rinculo garbato del vecchio Otto consente di doppiare il colpo o di acquisire un altro bersaglio con grande rapidità.

Su animali di grande mole, specie se adrenalinizzati, potremo assistere a brevi fughe, ma con colpi ben piazzati anche prede enormi crolleranno velocemente. La bontà costruttiva del proiettile è così superlativa che anche mettendolo alla frusta i risultati saranno ottimi. Ho caricato le Alaska in 8x68S, spingendole a velocità non esasperate, 880 ms, ma impiegandole nella caccia in battuta a distanze molto ravvicinate. Hanno prodotto sempre risultati incredibili, archiviando penetrazione e uccisioni fulminee su animali di mole. Anche con tiri piazzati decisamente male, su animali messi in fuga o nel fitto, il risultato è stato sempre il medesimo. E’ una delle poche soft point di costruzione classica che siano rimaste sul mercato, ed è decisamente una delle migliori palle di sempre.

BRENNEKE TIG 198 GRANI.

Immortale.

Una ogiva che giunge immutata dall’età dell’oro. Dal solo aspetto si evince la complessità del progetto, e la genialità della realizzazione. Frutto del genio di Willhelm Brenneke, è sul mercato da un secolo e non accenna a perdere estimatori. Al pari del fratello maggiore TUG, questo splendido proiettile non smette di abbattere selvatici con rispetto assoluto della spoglia. L’ogiva è composta da due nuclei, uno anteriore decisamente morbido che assume un comportamento esplosivo già a velocità moderate, e uno posteriore più duro che oltre ad indurre la frammentazione, produce un foro di uscita netto e fustellato e un caratteristico spruzzo a campana che permettono un rapidissimo ritrovamento dell’anschutz.

Un bel cinghiale colpito sul Blatt da una pesante TIG da 198 grani. In alto a destra il foro di ingresso, in basso quello di uscita.

Al pari di altre ogive tedesche dell’epoca, anche la venerabile TIG fu concepita per un impiego ben preciso: la caccia di ungulati nel pieno rispetto della dottrina venatoria teutonica. Queste ogive sono concepite per essere indirizzate sul Blatt, un’area ben precisa dietro la spalla del selvatico; All’impatto , il nucleo anteriore produrrà una moltitudine di proiettili secondari con ingenti danni tissutali a polmoni, cuore e grandi vasi, con conseguente emorragia copiosa. Il nucleo posteriore normalmente produce un foro di egresso molto netto, del diametro di 8mm , e una traccia ematica impressionante. Normalmente questa palla viene raccomandata su prede di mole modesta, ma posso testimoniare di aver avuto ottimi risultati su animali molto più grandi dei canonici 60kg. Da un lato bisogna comprendere che relativa fragilità impone di impiegare questa palla in modo corretto, ovvero evitando colpi alla spalla o tiri frontali. Tiri in cassa, anche su animali di oltre un quintale, si risolveranno sempre con abbattimenti puliti. Il medesimo proiettile viene utilizzato, con ottimi risultati, anche in 8x68S, quindi nel placido 8×57 c’è da aspettarsi sempre una buona efficacia. Non è una palla che raccomanderei per la caccia in battuta, mentre per la caccia di selezione la ritengo ottima e molto coerente con la storia del calibro. Design e peso di palla non suggeriscono tiri lunghissimi, ma entro le distanze canoniche di impiego è più che capace di ottime prestazioni. Il più grande pregio di questa ogiva è il notevole rispetto per la spoglia. Di fatto se utilizzata correttamente produce un notevole danno agli organi interni lasciando intatta la carne. Una delle migliori mai provate sotto questo aspetto.

SPEER HOTCORE 200 GRANI.

Troppo dure.

Lo ammetto, le ho provate per completezza. Le ho utilizzate in 8x68S con una certa soddisfazione, e le ho volute testare anche nel vecchio Otto.

Purtroppo le velocità prodotte dal 8x57JS non sono in grado di far lavorare a dovere questa pesante ogiva. Non ho mai avuto uccisioni rapide in animali di medie dimensioni, mentre su animali di mole solo con tiri alla spalla o alla colonna si ottengono uccisioni umane. A meno di impiegare un 8x57JS per cacciare grandi Cervi, Orsi o Alci a distanze ravvicinate non ritengo sia un proiettile idoneo. rimane molto preciso e dal costo contenuto. Esistono in ogni caso proiettili ben più idonei e cuciti sulle doti balistiche del nostro calibro.

SWIFT A-FRAME 200 GRANI.

SORPRENDENTI.

Di queste spettacolari ogive ne abbiamo ampiamente discusso parlando dell’8x68S, e sono di sicuro eccezionali. Quando decisi di caricarle in 8x57JS in molti tentarono di dissuadermi, certi che a bassa velocità non avrebbero mai lavorato decentemente. Dato che solo sul campo si ottengono le risposte, mi decisi a testarle anche nel buon 8x57JS. Utilizzando la N160 ho ottenuto delle ottime rosate con velocità adeguata. Ho impiegato queste ogive per la caccia in battuta, nel tentativo di massimizzare l’efficacia nei tiri frontali. I risultati sul campo furono sorprendenti.

Un foro di ingresso molto largo, danni interni molto ingenti. Le A Frame sono dannatamente letali . Secondo qualcuno non avrebbero mai lavorato…

La ottima A Frame ha prodotto uccisioni rapide, con danni interni estremamente ingenti, sia su animali piccoli che su animali molto grandi. I risultati più eclatanti sono stati prodotti da colpi piazzati sulla spalla e di tre quarti, con fori di ingresso sempre notevoli e penetrazione totale. Come sempre queste ogive producono pressioni molto elevate, e necessitano di una certa attenzione in fase di allestimento della ricarica. Il profilo estremamente curato non da luogo a nessun problema di alimentazione, e produce una buona balistica esterna. Date le velocità tipiche del calibro, si consiglia di utilizzare queste palle a distanze brevi e brevissime, su animali comunque corpulenti e possibilmente mirando a strutture ossee. Il proiettile, come noto, dispone di due nuclei bonderizzati. Il nucleo anteriore è morbido, quello posteriore più duro, entrambi proni a deformazione progressiva in base alla velocità di esercizio.

La ritenzione di peso sarà sempre prossima al 100%, con conseguente penetrazione eccezionale. Nella caccia alla cerca a prede grandi come Cervi, Alci e Cinghiali, o laddove necessario massimizzare l’efficacia in profondità, sono di sicuro palle di elezione. Le medesime ogive da 220 grani, invece, sono decisamente troppo dure per il mite 8x57JS.

RWS KEGELSPITZ 224 GRANI.

Ormai fuori produzione, quelle che più rimpiango in assoluto.

Pesanti, lunghe come una messa cantata, e dannatamente letali. A dispetto di quanto si possa pensare erano di fatto delle normali soft point con un aspetto minaccioso. Nate squisitamente per essere impiegate nell’8x68S, trovano buona applicazione per tiri corti e cortissimi nel buon 8×57.

Le rimpiante KS da 224 grani…

La traiettoria non è delle migliori, ma se si cerca un potere di arresto elevato e una penetrazione fuori dai canoni sono, o meglio erano, la scelta migliore. La forma affusolata non crea problemi di alimentazione, mentre una oculata gestione del free bore è necessaria. Se volete vedere di cosa è capace dovete impegnarla in tiri frontali su animali corpulenti a breve distanza. Gli effetti terminali sono dirompenti, probabilmente una delle ogive più efficaci, anche a velocità modeste. La descrivo solo per nostalgia, ora che è diventata introvabile.

WOODLEIGH ROUND NOSE 220 GRANI.

STELLARE.

Woodleigh produce da decenni le migliori ogive bonderizzate del mondo. Essendo gli inventori del processo di saldatura chimica tra mantello e nucleo, hanno avuto anni di vantaggio sulla concorrenza per raggiungere un equilibrio perfetto e performance inarrivabili. Molto saggiamente la dinamica azienda australiana fornisce ai ricaricatori il range di velocità nel quale le loro ogive producono i migliori risultati. Per esperienza personale, tutte le Woodleigh possono sopportare stress e maltrattamenti a velocità ben superiori rispetto a quelle indicate come ottimali, specialmente le ogive più pesanti. La palla da 220 grani trova splendidamente posto tra quelle idonee al nostro Otto. Anzitutto perchè in grado di lavorare perfettamente alle velocità tipiche, e in secondo luogo perchè riesce ad esaltare penetrazione e potere di arresto su prede di grande mole. Qualora voleste insidiare Cervi, Cinghiali o grosse Antilopi africane a breve distanza, poche palle sono altrettanto efficaci e affidabili. Visto il design decisamente vintage è raccomandabile calcolare una lunghezza di cartuccia che consenta una buona alimentazione, tenendo conto dei valori di free bore. Questo aspetto è molto importante in armi da caccia moderne, mentre nei vecchi K98 avremo meno problemi, viste le tolleranze di serbatoio e freebore tipiche. Per coloro che intendono cacciare grandi prede con le sole mire metalliche è probabilmente il proiettile migliore tra quelli disponibili, in grado di esaltare al massimo le doti del buon 8x57JS entro i 50-70 metri. Per la ricarica consiglio le polveri più lente, come N160, RS60 e MRP, con le quali solo le canne lunghe almeno 60 centimetri riusciranno ad esprimersi al massimo. A differenza della quasi totalità dei proiettili bonderizzati, le Woodleigh non generano pressioni iniziali elevate, rendendo la ricarica esente da pericolosi picchi pressori. Ovviamente, per esaltare le doti terminali è indispensabile mirare deliberatamente alla spalla o alla colonna vertebrale. Queste palle sono progettate per deformarsi progressivamente, trasferendo solo parte dell’energia e conservando un elevato peso residuo. La penetrazione sarà sempre totale, anche nei difficili tiri di tre quarti. Solo così assisteremo ad abbattimenti fulminei, puliti. Tanto più riusciremo ad avvicinarci alla preda, maggiore sarà l’efficacia. Ho avuto la ventura di utilizzare queste spettacolari palle su placidi corpulenti suidi intenti a raziare le coltivazioni, da distanze inferiori ai 100 metri: sono stati gli abbattimenti più puliti mai visti con questo calibro, con animali abbondantemente sopra al quintale spenti sul posto e grande rispetto del spoglia. Come spesso avviene, è necessario che il cacciatore comprenda la stretta relazione tra struttura del proiettile e suo range di impiego. Solo in questo modo aspettative e realtà non divergeranno in modo deludente. Utilizzerei senza timore alcuno le 220 grani nella cerca al cervo in bramito, o nella caccia all’orso, e in generale ogni qualvolta si presenti una opportunità di tiri su animali grandi e vitali entro distanze medio brevi. Sicuramente Consigliata, datele massima fiducia.

WOODLEIGH ROUND NOSE 250 GRANI.

Peso Massimo. Le bellissime Woodleigh da 250 grani sono le palle più pesanti che potremo utilizzare per ricaricare l’8x57JS.

Quando scoprii che esistevano queste pesantissime ogive ne ordinai subito una scatola, sicuro che mi avrebbero riservato delle sorprese. Reperire le dosi di ricarica fu complesso, all’epoca. Contattati l’azienda e mi inviarono alcune dosi via mail; da lì cominicai ad elaborare la mia ricetta, giungendo ad ottenere in breve una buona rosata. La panciuta 250 grani rappresenta una sorta di Unicum assoluto. Anzitutto è perfettamente in grado di affungarsi e lavorare correttamente alle velocità espresse nel calibro in oggetto. In secondo luogo produce una precisione insospettabile con una penetrazione al di là dell’immaginabile. La flessibilità di questa palla è tale che la si può impiegare tranquillamente anche nel nerboruto 8x68S ovviamente con risultati differenti. Secondo quanto riportatomi da un amico cacciatore australiano, questi proiettili lunghi come matite sarebbero stati concepiti per la caccia ai cammelli. La cosa mi lasciò basito, e alla richiesta di spiegazioni il racconto si addentrò nella leggenda. Nei primi anni 40 gli inglesi importarono in Australia un numero imprecisato di cammelli. Il piano ambizioso era quello di dispiegarli nelle zone desertiche e addestrare le truppe australiane all’uso del cammello come mezzo di trasporto, sperando di calcare le orme di Lawrence d’Arabia e creare truppe cammellate da dispiegare sul fronte nord africano. Manco a dirlo il progetto fallì miseramente, anche perchè le sorti delle guerra mutarono drasticamente dopo El Alamein. I Cammelli vennero dimenticati, o meglio abbandonati. E in assenza di nemici naturali proliferarono indisturbati, fino a divenire una piaga. Vista la enorme diffusione di armi sporterizzate in 8x57JS sul suolo australiano, Woodleigh produsse queste pesanti ogive per abbattere i grossi camelidi. Che sia verità o leggenda, non dubito a credere che un tale proiettile sia in grado di uccidere un animale decisamente grande come un cammello.

Questa storiella continuò a girarmi in testa finchè non mi capitó tra le mani una scatola di rare ogive blindate da 250 grani destinate al .318 Westley Richards. Messe a confronto, sono oggettivamente molto simili. Le tabelle balistiche non mentono mai. Le palle in .323 da 250 grani hanno un miglior coefficiente balistico e una miglior densità sezionale delle omologhe in .318. Le velocità alla bocca prodotte da .318 Westley Richards e 8x57JS con canna da 60 cm non sono poi così diverse. Già a 100 metri sono praticamente alla pari. E se è vero che col vecchio .318 sono stati abbattuti tutti i selvatici del continente nero, compresi elefanti e bufali, è presumibile aspettarsi prestazioni sovrapponibili dalle pesanti woodleigh da 250 grani, anche se queste sono ovviamente espansive.

Differenze sottili..

Nel vecchio Otto le ho impiegate qualche volta per la caccia al cinghiale da appostamento. La traiettoria è quella di una fionda, ma la penetrazione è inarrestabile. Oltre la inevitabile curiosità, per chi dovesse affrontare prede fuoritaglia armato solamente del caro 8×57, queste pesantissime ogive sono l’unica scelta. Consiglio vivamente di porre maniacale attenzione alla lunghezza di cartuccia, mai come in questo caso di vitale importanza. Le polveri da impiegare sono solo le più lente, MRP e RS60 in testa. Le canne corte sono da escludere, mentre quelle da 60 e 65 centimetri saranno in grado di esprimere buone prestazioni. Vale quanto detto in precedenza, avvicinarsi, mirare dritto, colpire pesanti strutture ossee per massimizzare il danno in profondità e invalidare la preda. Data la lunghezza dell’ogiva c’è da aspettarsi un notevole surriscaldamento della canna già dopo pochi colpi, cosa da tenere presente in fase di taratura dell’arma. Per il resto, c’è ben poco da dire… sono semplicemente stupefacenti.

CONCLUSIONI.

Dopo oltre un secolo di servizio, il buon 8×57 è lungi dal voler andare in pensione. Anzi, il passo di rigatura piuttosto veloce lo rende in grado di gestire palle monolitiche senza troppi patemi, mantenendo inalterati precisione ed affidabilità. Se vorrete un commilitone fedele in grado di accompagnarvi a caccia nel bosco, potrete sempre contare su di lui. Nei tiri sporchi laddove è necessaria penetrazione e potere di arresto ha pochi rivali, mentre su prede pesanti e vitali le panciute ogive da 8 mm sapranno spengere sul nascere ogni velleità di fuga. Che si insidi un leggiadro capriolo o un massiccio Cervo Adulto, il vecchio Otto non lascerà insoddisfatto il cacciatore, portando a termine il lavoro con efficienza e costante letalità. Le moderne ogive continuano a ringiovanire questo milite ormai in congedo, rivelando quanto fulgido fosse il progetto iniziale. Continua a stupire, questo antico campione. Mentre nuovi insulsi calibri fotocopia continuano a nascere e tramontare nel volgere di un lustro, lasciando uno sbiadito inservibile ricordo, il nostro Otto continua a marciare, inarrestabile, inossidabile, modernissimo dopo oltre un secolo.

Lo stato dell’arte.

Che decidiate di impiegarlo in una Bolt Action o in una modernissima Straight pull, disporrete di un grande alleato nella caccia in battuta, nella cerca in bosco e nella caccia da appostamento . Qualora amiate il fair play e la nobiltà d’animo dell’età dell’oro, con quel velato retrogusto di carta ingiallita e fumo di pipa, saprete apprezzare le doti del gemello nobile, destinato alle armi basculanti, 8x57JRS. Se preferite impiegare pregiati Express nella caccia in braccata o per la cerca in zone boscate, rimarrete affascinati e compiaciuti al tempo stesso. Pur vantando pressioni e prestazioni leggermente inferiori, l’equilibrio che sa dimostrare é sorprendenti. Se saprete adattarvi alla finitezza di un buona doppietta Express, la caccia assumerà una dimensione completamente differente, più umana, meno prestazionale e votata al totale self control.

Portatelo a caccia, e non vi deluderà. Non ne è capace.

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