7X66 Super Express Vom Hofe La Chimera

7×66 Vom Hofe e Mauser Europa 66.

Tutti, almeno una volta, ne hanno sentito parlare. Quasi tutti hanno letto vecchi articoli grondanti enfasi per questo rarissimo e superlativo calibro. Nel tempo la sua stella ha smesso di brillare ed è lentamente caduto nell’oblio dei ricordi ma se chiedete numi ad un cacciatore di camosci dai capelli bianchi, è probabile che lo vediate trasalire o addirittura lasciarsi andare a ricordi di cacce lontane nel tempo, appartenenti ad un mondo rurale che esiste solo nei ricordi e che non tornerà più.

La nascita di questo bel calibro è avvolta dalle nebbie del tempo ed è ammantata da un alone di mistero quasi esoterico, che non fa che aumentarne il fascino. Ernest August Vom Hofe fu un armaiolo tedesco di fama, di lui si conoscone gli esperimenti e i successi lavorativi e poco più, essendo le notizie sulla vita di questo geniale inventore pressochè inesistenti.

Per un certo periodo lavorò come apprendista di Gerlich e successivamente fu discepolo di Willhelm Brenneke.

Una eccezionale collaborazione.

Fondò una società con Schiermann denominata “Hofmann Waffen und Munition”, dalla crasi dei loro cognomi, e produsse per un certo periodo armi e Munizioni di alta qualità. Nel 1935 rompe la società e fonda la propria compagnia. Inizia una profonda collaborazione con la DWM, Deutsche Waffen Und Munition Fabriken, la fabbrica di munizioni più famosa al mondo negli anni ’30. Da il via allo sviluppo di ogive e munizionamenti impressionanti, con una visione avvenieristica inimmaginabile.

Il Fulcro del lavoro di Herr Vom Hofe fu sempre ed indiscutibilmente la progettazione e lo svilupo di munizione ad alta e altissima velocità. Nella Germania del primo dopoguerra fiorirono numerosi esperimenti in ambito armiero, e va detto per inciso che buona parte dei calibri moderni, spacciati come invenzioni geniali o rivoluzionarie, traggono ispirazione (volendo essere dei gentiluomini) dal lavoro svolto dai vari Gerlich, Brenneke, Schuler, Vom Hofe, Mauser. Vom Hofe assurge ad una certa fama quando, negli anni ’30, sviluppa una cartuccia sconcertante, nota come 5,6×61 Vom Hofe, una calibro 22 velocissima, dalla traiettoria così radente da rendere obsoleti tutti i piccoli calibri dell’epoca e da far tremare gran parte di quelli odierni. In breve tempo, il temibile 5,6×61 divenne lo standard da battere nella caccia agli sfuggenti ungulati alpini. Ad oggi, badate bene, nonostante il secolo di vita, questo calibro gode di una fama indiscussa e solo pochi artigiani saranno disposti a produrre un pezzo unico a prezzi esorbitanti. Ma il fascino e l’aura teutonica che lo contraddistinguono spingono ancora alcuni fortunati a portarselo a caccia. Negli anni ’30 del secolo scorso, sulla scia del successo ottenuto, Vom Hofe si dedicò allo studio di una munizione ad altissima intensità con ogiva da 7mm. Gli studi di Brenneke, il genio assoluto della balistica del tempo, avevano dimostrato come la sezione aurea dei proiettili, risiedesse tra i 6,5 e i 7mm. Le caratteristiche fisiche di queste palle , senza ombra di dubbio, conferiscono precisione intrinseca non eguagliabile da nessun altro calibro medio. Data la lunghezza e il diametro, godono sempre di coefficiente balistico e densità sezionale elevatissimi, ai vertici della produzione. E se il buon 7×57 dei fratelli Mauser aveva dimostrato quanto fossero efficienti anche sui campi di battaglia le palle da 7mm, l’ultima creatura di Brenneke, il 7×64, aveva stabilito un nuovo standard. Per un impiego meramente venatorio, pochi calibri al mondo riescono ad avviciniarsi alla flessibilità e alla efficacia di questo vecchietto, capace di gestire palle da 120 a 175 grani con estrema precisione e costanza, mettendo il cacciatore nelle condizioni di insidiare praticamente ogni preda dal camoscio al cervo. Brenneke era un dannato genio: non era solo capace di progettare ex novo una cartuccia partendo dal bossolo, era anche il più prolifico e avvenieristico designer di proiettili che il mondo teutonico abbia avuto. Non solo, perchè produceva armi di pregio, ed era quindi perfettamente in grado di far collidere in un unico crogiulo tutte le competenze armiere esistenti: le sue creazioni erano la summa maxima dello scibile: il bossolo, il proiettile, erano stati disegnati dalla stessa mano che aveva scelto il passo di rigatura, la lunghezza della canna e la polvere da utilizzare. Oggi le aziende armiere e di munizioni spendono milioni di euro in fragili joint venture con le quali cercano, spesso inutilmente, di ceare un perfetto connubio tra munizione e cartuccia. Il buon Willhelm faceva tutto da solo, nella sua azienda, spesso allevando discepoli pericolosi, come Schuler, Vom Hofe e Gehmann.

Due temibili vecchiette: 7×66 Vom Hofe e 8x68S.

Tornando a noi, il mondo venatorio europeo, che parlava tedesco, aveva decretato i 7mm la misura perfetta. In molti progetterono cartucce e ogive con l’intento di scalzare il 7×64 dal suo primatto, ma per riuscire era necessario qualcosa di estremamente superiore, che uscisse dai canoni e permettesse al cacciatore di accedere ad un livello superiore di energia e radenza. Gi studi di Vom Hofe partorirono due mostri. Il 7×73 Vom Hofe, calibro camerato in armi ad otturatore di altissimo pregio e dotate di canna molto lunga, 72-74 centimetri, era stato sviluppato, con ogni probabilità, per restringimento del colletto del bossolo del .375 H&H Magnum, oppure del .300 H&H. Con questi due calibri condivide la cintura di rinforzo e le misure del fondello, tanto che sarebbe possibile ottenere i bossoli del 7×73 partendo da quelli di entrambi i calibri britannici. Secondo i dati forniti al tempo dallo stesso Vom Hofe, la cartuccia in oggetto era in grado di spingere una palla da 170 grani a ben 1020 ms, con energia prossima ai 590 chilogrammetri. Dati impressionanti ancora oggi, difficilmente eguagliabili.

Il 7x75R, derivato parziale dal bossolo del 9,3x74R, era invece destinato a leggerissimi basculanti, i meravigliosi kipplauf destinati alle vertiginose cacce alpine. Le sue prestazioni erano ovviamente più miti, ma ovviamente di tutto rispetto, tanto da porlo ai vertici, come velocità e potenza espresse, dei calibri con collarino (RAND). Camerati in 7x75R, oggi, esistono ancora stupendi esemplari prodotti da ottimi artigiani italiani, austriaci e tedeschi. Un cospicuo numero di cacciatori alpini utilizza ancora questo portento per camosci, cervi e caprioli.

E’ uno dei calibri più belli mai creati, se aveste mai la fortuna di stringere in mano cartuccia e fucile non potreste non ammirarne eleganza e perfetta proporzione, due concetti oggigiorno scomparsi. Il buon 7×73, invece, è letteralmente scomparso, dopo la guerra non ne venne mai ripresa la produzione. Nel tempo ho avuto modo di vedere un esemplare ad un’asta online, ma non ho mai avuto la ventura di averne uno tra le mani. Gli studi di Vom Hofe, non coronati dal successo ottenuto anni prima, furono bruscamente interrotti dalla guerra. Di lui si sa solo che morì nel 1945, alcune fonti dicono a Peenemunde, centro di ricerca e sviluppo di tutti gli armamenti più avvenieristici; è probabile che il regime sfruttasse le sue incredibili conoscenze, ma non sono mai riuscito a trovare notizie certe sulla sua attività durante il periodo bellico.

Dopo la guerra il marchio Vom Hofe e il materiale di ricerca venne rilevato da Walter Gehmann. Anche lui era stato discepolo di Brenneke, e anche lui aveva appreso dal genio quanto serviva per camminare sulle proprie gambe; Come se non bastasse, per anni aveva lavorato in DWM, allo sviluppo di nuove munizoni e ogive. Di fatto, nell’immediato dopoguerra, Gehmann, che era campionde del mondo di tiro, sviluppò un nuovo calibro partendo dagli studi di Vom Hofe, e forse “ispirandosi” a quelli che Brenneke stava svolgendo prima della guerra (per anni dopo la morte di Willhelm, la figlia rivendicò il successo di Gehmann come frutto del lavoro del padre, ma anche questa vicenda si perde nei meandri della storia). Finite le restrizioni imposte dagli alleati, la ancora efficiente manifattura armiera tedesca riprese la produzione, e la Gehmann GmbH & Co KG, a Karlsruhe dette alla luce il superlativo 7×66 Super Express Vom Hofe. Molte altre furono le munizioni sviluppate da Gehmann, tutte con il medesimo concetto, ma nessuna ebbe lo stesso successo del pupillo 7×66 S.E. Vom Hofe.

Come il suo maestro, anche Gehmann chiuse presto il cerchio, mettendo in produzione ottime carabine dalla canna lunghissima, 76 centimetri, e contribuendo a migliorare un’ogiva dedicata, che fu in buona parte responsabile del successo di questo calibro unico, la mitica Torpedo Stopring, prodotta in due pesi differenti, destinate ad impieghi diversi e sicuramente l’unica palla all’epoca in grado di gestire le velocità tipiche del calibro, con risultati terminali a dir poco esaltanti. Gli anni passati in DWM furono fondamentali, le esperienze e i dati acquisiti fecero la differenza. I fortunati che poterono utilizzare la Torpedo Stopring in africa negli anni d’oro dei safari commerciali, poterono realmente comprendere quello che Vom Hofe e Gehmann avevano ipotizzato e progettato: Esistono testimonianze di Bufali abbattuti da questa munizione con un colpo precisissimo al collo.

Le mitiche Torpedo Stopring erano commercializzate col marchio Gehmann, nella famosa scatola verde chiaro, e divennero presto estremamente apprezzate per la capacità di penetrare e abbattere animali anche enormi, con precisione indecente anche a lunghissima distanza. Se la fortuna di Gehmann fu indissolubilmente legata a queste ogive, va tuttavia osservato che la natura stessa del binomio arma-munizione fu in parte causa della sua rovina. Per un paio di decenni, il vecchio 7×66 Vom Hofe fu il 7 mm più potente al mondo, in grado di esprimere valori di velocità energia e radenza che ancora oggi lasciano sbalorditi. Ma al tempo stesso, con gli immensi territori ad est ormai preda del blocco sovietico, le immense riserve dove cacciare enormi Kapital Hirsch o Cinghiali acromegalici erano off limits sia per i cacciatori tedeschi che per quelli europei, e lo sarebbero rimasti per decenni.

Weidmannsheil!

A parte i fortunati che potevano cacciare i pochi cervi rimasti, la guerra ne aveva ovviamente decimato la popolazione, i due terreni di gioco del nostro 7×66 rimanevano i picchi alpini con gli sfuggenti camosci e gli inafferrabili mufloni, e le immense distese africane. Per molti anni godette della meritata fama di ammazza camosci; la radenza esagerata, permetteva tiri al limite del proibito, all’epoca. Con un calo di soli 15 cm a 300 metri, questo calibro rappresentava, assieme al cugino 6,5×68, il massimo che si potesse desiderare. Ma dato che le armi che lo cameravano e le ottiche ad esse destinate erano molto costose, la sua diffusione non fu mai capillare sull’arco alpino, e rimase sempre appannaggio di pochi facoltosi cacciatori, dotati di grande senso estetico e buon gusto, oltre che di notevoli disponibilità. Il dramma si compì a fine anni ’60: in Europa giunse, e si diffuse con enorme successo, il 7mm Remington Magnum. Il 7 mm Weatherby, già in circolazione da qualche anno, era il principale contender, ma essendo un calibro proprietario era camerato solo nelle bellissime carabine Weatherby: il costo e la scarsa diffusione ne avevano frenato subito l’ascesa. Al contrario, il 7mm Remington Magnum, disponibile in armi decisamente poco costose, efficace oltre ogni immaginazione su tutta la selvaggina e proposto in decine di caricamenti differenti, fece presto comprendere ai cacciatori europei quanto fossero efficienti le ogive da 7mm a velocità elevate. Questo fu decisamente il colpo di grazia. Il nostro 7×66 si arroccò sulle più alte vette alpine e resistette orgogliosamente all’avanzare di questo e altri calibri a stelle e strisce. Mauser collaborò a lungo con Gehmann, e il calibro in oggetto ebbe una certa diffusione fino a che, negli anni ’80, la ottima Mauser Europa 66 venne posta fuori produzione. I motivi, disgraziatamente, erano i medesimi. Il mercato era cambiato, e armi rifinite a mano con dovizia artigianale, non avevano più motivo d’essere: dovevano essere vendute a prezzi inferiori al costo di realizzazione per rimanere competitive. Accadde l’inevitabile, lentamente il “risparmio” sostituì i concetti di “qualità, affidabilità, bellezza, eleganza ed efficienza”. Non vi fu più spazio per taluni raffinati esercizi di stile e bellezza. Il mondo aveva cominciato a misurare tutto con la moneta, la competizione era passata dal campo di tiro a quello economico, era il “rapporto qualità prezzo” a stabilire le leggi di mercato. Fine di un mondo.

Vecchie glorie.

Tornando al nostro, se siete fortunati a dotati di un certo palato, oggi è possibile imbattersi in armi camerate in 7×66 VH a prezzi decisamente ragionevoli. La generazione che nel dopoguerra aveva 30-40 anni è ahimè scomparsa, o sta scomparendo. Quei ragazzi avevano un certo buon gusto, e chi poteva acquistava di buon grado armi di qualità, le usava a caccia e le curava come fossero gioielli preziosi. Visto i costi delle munizioni commerciali, e la difficoltà della ricarica, difficilmente armi con 50 anni sulle spalle hanno sparato più di 50-100 colpi. Non date minimamente ascolto a chi vi dirà che questo è un calibro brucia canne, sta solo dimostrando incompetenza. Le canne prodotte per Gehmann e Mauser, erano realizzate solo in Anthinit o in Boheler Super Blitz, acciai leggerissimi e in grado di durare ben più a lungo del cacciatore, fiore all’occhiello della produzione metallurgica di Ferlach. Questo non esclude un esame con boroscopio, ma date massima fiducia a queste armi: erano costruite per durare, dai migliori armaioli al mondo. Non esiste niente di eguale, oggi. La precisione del calibro in oggetto è superlativa, associata, come dicevamo, ad estrema radenza e velocità; alcuni caricamenti raggiungono energie prossime o legermente superiori ai 500 kgm alla bocca, e grazie alle moderne polveri ultra lente, è possibile ottenere questo con pressioni di esercizio decisamente sicure.

Attualmente, l’unica azienda che produca stabilmente munizionamento commerciale in detto calibro è la francese Sologne, che realizza due cartucce, una con palla Ballistic Tip da 150 grani, e una con palla monolitica proprietaria. Oltra al costo esorbitante, le munizioni con Ballistic Tip si sono rivelate estremamente fragili, a fronte di una velocità non esasperata per il calibro, soli 940ms. Le ho utilizzate per una stagione, non essendo riuscito a trovare i bossoli per la ricarica, e al di sotto dei 200 metri ho sempre avuto danni ingenti alla spoglia, anche con colpi piazzati sul Blatt. Un maschio adulto di capriolo, tirato a 250 metri e attinto sulla spalla, risultò così compromesso da dover essere buttato quasi per metà. Probabilmente una palla buona per tiri lunghissimi, essendo la cartuccia Sologne molto precisa.

Sulla balistica interna ed esterna di questo bel calibro, sono stati scritti fiumi di inchiostro. Lo sviluppo del Bossolo partì, come citato da più fonti, per restringimento del colletto del .404 Jeffery. Le misure del fondello sembrano confermare questa ipotesi, come pure le dimensioni e il generoso volume interno, più di 93 grani di acqua. Sia Brenneke che Vom Hofe stavano lavorando ad una soluzione simile, ma quel che è certo è che Gehmann soltanto riuscì a portare in fondo il lavoro.

Bossoli in sezione. 7x66VH a sinistra 8x68S a destra.
Si noti lo spessore delle pareti .

Nella scelta di un bossolo così capiente si può notare una lungimiranza non comune: le polveri del tempo erano certamente meno efficienti delle odierne, e sviluppavano picchi pressori veramente pericolosi. L’angolo di spalla decisamente pronunciato, e un collo di bottiglia molto corto, se da un lato aumentavano le già ottime prestazioni, dall’altro erano viatico di pressioni elevatissime. Oggi giorno, però, un bossolo si fatto permette l’uso di polveri ultralente, che unite alla lunghezza tipica delle canne, consente di incrementare ulteriormente le prestazioni.

Chi abbia usato caricamenti originali DWM ricorda bene la vivacità di quelle cartucce, al limite dello spaventoso. Frank Barnes nella sua opera “Cartridges of the world, 1972” riporta di aver osservato, in bossoli sparati su armi prodotte prima della guerra, una particolarissima conformazione del colletto. Barnes ipotizzò che la camera di scoppio avesse una geometria a doppio angolo, da lui denominata “Venturi type shoulder”. Una conformazione similare era una soluzione geniale: in pratica, a livello della spalla, il profilo della camera di scoppio non seguiva il disegno del bossolo ma se ne discostava, allargandosi.

Questo, ovviamente, limitava il regime pressorio proprio laddove era necessario, poco sotto il picco massimo. Allargando di pochissimo la camera di combustione, le polveri avevano quel tanto di spazio sufficiente a bruciare correttamente scongiurando pericolose sovrapressioni. Esistono sicuramente armi con questa configurazione, ma non è chiaro come possano essere state prodotte prima della guerra. Di certo le produzioni industriali successive, soprattutto le Mauser Europa, non presentano questa peculiarità.

Al tramonto.

Quello che di sicuro possiamo dire, è che al pari dei calibri Weatherby, il 7×66 sfrutta al massimo la tecnologia del tempo, portandola ad un livello superiore. Angolo di spalla pronunciato, collo di bottiglia breve, colletto lungo, corpo del bossolo panciuto e resistente: tutto fa capire che le pressioni in gioco sono dannatamente alte, e infatti il regime massimo si attesta sui 4400 bar. Come detto prima, negli anni 50-60 le polveri da sparo non erano quelle odierne. Non esistevano le polveri ultralente che oggi fanno viaggiare a velocità siderali i tozzi ultramagnum. Tenere le pressioni al guinzaglio era un affare non semplice. Uno dei sistemi utilizzati da Vom Hofe e poi copiato da molti, era il lunghissimo free bore. Al pari della camera a geometria variabile (sulla cui efficienza non abbiamo dati oggettivi), disporre di un free bore molto generoso costituiva un indubbio vantaggio. La palla, sospinta dalle polveri incendiate, poteva abbandonare completamente il bossolo e percorrere una certa distanza in volo libero prima di incontare la rigatura. In questo modo, la porzione di canna priva delle rigature, costituiva una sorta di camera di combustione molto più ampia del semplice bossolo, all’interno della quale la polvere poteva bruciare liberamente, spingendo in modo più progressivo la palla e senza raggiungere picchi pericolosi. Ancora una volta, fisica, metallurgia, esperienza e genio teutonico si fondono per creare un prodotto unico. Si noti che l’esasperato 7mm STW, portentoso calibro americano, sfrutta il medesimo concetto pur essendo molto più recente come nascita.

Ovviamente, si sa, ogni medaglia ha il suo rovescio. Questa configurazione pone dei limiti e crea non pochi problemi. Il proiettile, una volta espulso dal bossolo, deve percorrere una discreta distanza prima di incontrare la rigatura, ed ha notevoli possibilità di intraversarsi, risultando poco stabile una volta abbandonata la canna. Questo è meno evidente su canne molto lunghe quali quelle utilizzate originariamente, mentre è più evidente su quelle da 65 centimetri. Nei numerosi esperimenti di ricarica da me svolti utilizzando una Mauser Europa 66, ho avuto modo di osservare che i proiettili Flat Base, con superficie di contatto estremamente lunga, sono molto più precisi dei proiettili boat tail, salvo qualche eccezione. I proiettili di ultimissima generazione, con coefficienti balistici molto elevati e lunghezze imbarazzanti, si sono rivelati estremamente difficili da ricaricare e hanno prodotto risultati estremamente deludenti in termini di velocità e precisione. Questo, ovviamente, frena molto i bollenti spiriti di coloro i quali speravano di ottenere prestazioni mirabolanti nel long range.

E’ doveroso ricordare che questo calibro, come molti altri contemporanei, era nato per meri scopi venatori, ed era dotato di radenza elevatissima onde poter colpire il bersaglio con precisione, senza compensazioni complicate, entro un raggio di 400/500 metri. Queste erano le distanze di caccia, l’etica e la tecnica di allora non concepivano tiri chilometrici, e tutto sommato non riesco a dargli torto. Con un’ottica 8×42, senza paura di smentita, è possibile colpire l’area vitale di un grosso ungulato a queste distanze, a patto di avere un buon appoggio e di saper sparare. Dopo stagioni di utilizzo, posso assicurare che fino a distanze umane si riescono ad abbattere pulitamente capi di ogni dimensione senza torrette balistiche, telemetri e calcoli, dotati solamente di una buona ottica a ingrandimento fisso. E’ una soddisfazione incredibile, che a mio modesto parere, surclassa ogni orpello tecnologico.

Le polveri più indicate per la ricarica del 7×66 Vom Hofe sono sicuramente quelle a lenta e lentissima combustione. In Rete e sui manuali di ricarica troverete ben poco, è un calibro ormai morto e sepolto, che solo pochi pazzi scellerati scelgono di ricaricare. Nel tempo ho trovato molto efficienti la RS60 della Reload Swisse, la onnipotente MRP di Norma, la datata N160 e la nuova ed incredibile N570 entrambe Vihtavuori. Gli inneschi devono necessariamente essere di tipo Magnum, onde consentire un perfetta combustione del notevole quantitativo di polvere. Le cariche risulteranno spesso al limite della compressione o decisamente compresse. Si raccomanda l’utilizzo di un drop tube, ovvero un imbuto con prolunga, per fare assestare al meglio la polvere nel bossolo. Si dovrà sempre porre grande attenzione alla lunghezza di cartuccia; dato il freebore molto lungo è possibile creare cartucce con AOL superiore ai canonici 85mm indicate nei manuali. Attenzione però, spesso queste non entreranno nel caricatore o daranno problemi di alimentazione, limite non trascurabile. Consiglio di non creare per alcun motivo cartucce le cui ogive affondino profondamente nel bossolo o peggio siano parzialmente immerse nella polvere. I picchi pressori inevitabilmente schizzerano in alto, e vi ritroverete col bossolo sfiancato, nella migliore delle ipotesi. Questo aspetto va tenuto in massima considerazione qualora si intendano utilizzare palle di ultima generazione ad altissimo coefficiente balistico e lunghezza conseguente. Nella fattispecie, ho eseguito molteplici ricariche con Palle Hornady ELD-X da 162 grani, affascinato dal design e dai dati numerici. Il modello predetto da Quickload prometteva di ottenere prestazioni indecenti, con velocità prossime ai 970 ms, una buona radenza e conservazione dell’energia altissima, superiore ai 4200 joule a 200 metri. All’atto pratico, però, già durante l’assemblamento della caruccia sono emerse numerose incongruenze: il volume occupato dalla polvere era superiore al previsto, la palla affondava abbondantemente nel bossolo, fino ad arrivare alla base del collo di bottiglia. Essendoci tutti gli ingredienti per un brutto incidente, decisi di diminuire abbondantemente la dose di carica, mantenendo però il medesimo AOL. Fu un errore tremendo: bossolo schiantato ed inservibile, botta indecente ed ovviamente otturatore estremamente duro da aprire.

Bossolo sfiancato da sovrapressione.

Dopo attenta rielaborazione, riuscii ad ottenere una buona carica con queste palle, aumentando la lunghezza di cartuccia e diminuendo la carica. A velocità prossime ai 900 ms il rinculo era molto gestibile, i bossoli per nulla affaticati e la precisione decente. Tuttavia, vista la traiettoria molto più arcuata, non ritenni conveniente un loro utilizzo a caccia. Veniva meno, a mio parere, uno dei principali motivi ispiratori del calibro, ovvero velocità elevata e radenza indecente. Il calcolatore balistico da comunque ragione a questi modernissimi proiettili: Pur lanciati a velocità più basse di altri convenzionali flat base, già a 200 metri conservano energia e velocità superiori alla controparte, ed il divario aumenta al crescere della distanza. Va da se, che impiegando una modernissima ottica con torretta balistica ed impazzendo un po’ per regolarla, queste palle potrebbero esprimere ottimi risultati ben oltre i 500 metri, visto il peso elevato e la capacità di trasferire energia al selvatico.

Tuttavia era mia ferma intenzione svolgere un approfondito studio sul calibro, utilizzando un binomio arma ottica che fosse rispettoso del periodo storico e che non fosse esteticamente orrendo. Abbiamo provato solo ad appoggiare un’ottica con torrette balistiche, campana da 56, lunga come una quaresima, sulla elegantissima Europa 66. Lo sguardo che ci siamo scambiati io e l’armaiolo è stato eloquente. Ho voluto utilizzare una semplicissima Schmidt&Bender 6×42 Classic, e i risultati ottenuti mi hanno dato ragione. La estrema luminosità, dovuta anche all’assenza di meccanismi di regolazione, permette un sereno utilizzo ben oltre il tramonto o prima dell’alba. L’ingrandimento fisso è inoltre molto più semplice da gestire e con un po’ di esperienza permette di comprendere facilmente la distanza del selvatico. Pur con tutti i suoi limiti, si è rivelato un accoppiamento sorprendente.

Il vero tallone di achille del nostro 7×66 Super Express Vom Hofe, sono i bossoli. Visto il costo delle munizioni e la disponibilità di soli due caricamenti, la ricarica è pressochè un obbligo per i possessori. Reperire i bossoli è una vera odissea. Se siete molto fortunai potrete acquistare, a costi elevati, bossoli di primo sparo su qualche asta on line. Saltuariamente i migliori fornitori di materiale per ricarica avranno disponibili pochi pezzi di bossoli nuovi, prodotti da Horneber o SHM.

Bossoli a confronto: gli ormai rari Gehmann e i moderni Horneber.

Accaparrarseli è cosa ardua e ovviamente costosa. I bossoli dei caricamenti originali Gehmann, quelli venduti nelle scatole verde chiaro, sono di qualità non eccelsa. Mal sopportano le pressioni troppo elevate, se volete farli durare è raccomandabile una buona ricottura di spalla e colletto e una attenta scelta della dose di ricarica. Sono sicuramente i piu belli e Vintage. Norma per molti anni ha prodotto munizioni in 7×66 VH, per cui alcuni fortunati possono venire in possesso i bossoli e munizioni d’epoca. Le loro cartucce con palla Nosler Partition da 140 grani erano particolarmente apprezzate per la caccia al camoscio. A distanza di decenni, la casa svedese è ancora sentimentalmente legata a questo bel calibro, al punto che quando scrissi loro che stavo usando con soddisfazione le loro nuovissime palle Tip Strike da 160 grani furono così incuriositi da chiedermi di scrivere un articolo. Infine i bossoli Horneber, molto ben fatti, più capienti dei Gehmann e a quanto pare meno suscettibili alle pressioni elevate. E’ probabile che i vecchi bossoli Gehmann non fossero concepiti per la ricarica casalinga. All’epoca della commercializzazione, in Europa la ricarica era appannaggio di pochi ed è pensabile che i bossoli fossero concepiti per un unico impiego.

E’ possibile ottenere bossoli per termoformatura da quelli del 6,5×68 dato che al pari dei calibri di Schuler, anche il 7x66VH è rebated rimless, e le misure sono pressoché identiche. Il lavoro è lungo, il risultato non lusinghiero (la differenza di volume interno coi bossoli originali è sostanziale) quindi se riusciste a trovare gli Horneber senza patemi sarebbe la soluzione migliore. Il web, oggi, permette di svolgere ricerche molto approfondite. Se avrete una scorta di 60/80 bossoli, dormirete sonni tranquilli per diversi anni. Al solito si raccomanda di porre maniacale attenzione alla preparazione del bossolo, vero punto nevralgico della ricarica: Lunghezza, svasatura e pulizia del colletto, cura delle sedi di innesco, ricottura di spalla e colletto sono passaggi chiave.

Veniamo quindi alle ogive, vero argomento del contendere. Come scritto prima, il calibro in oggetto è abbastanza ostico per il ricaricatore, una vera gatta da pelare. Nel tempo ho utlizzato diverse palle, all’inizio per prendere confidenza ed esplorare le qualità del calibro. Di seguito le caratteristiche delle ogive impiegate.

RWS KEGELSPITZ 121 grani.

Ottime ma dannatamente leggere. I pochi manuali di ricarica che contemplino il calibro in oggetto, riportano unanimamente che i pesi di palla che meglio si adattano al passo di rigatura tipico siano i super leggeri e i pesanti, ovvero 120, 160 e 175 grani.

Piccole e terribili.

Questa leggerissima ogiva ha una struttura estremamente fragile, atta a lavorare alle velocità tipiche di calibri ben più miti come 7×57 e 7×64. Il Buon 7×66 è in grado di lanciarla comodamente sopra i 1100 ms, con una radenza che ha dell’inimmaginabile. I risultati, al di sotto dei 250 metri, sono disastrosi per la spoglia, anche su animali leggeri. Un impiego giustificabile può essere il capriolo a lunga distanza oppure il camoscio qualora si ritenga indipensabile un potere di arresto totale a causa della orografia del terreno. Sarebbe pensabile un impiego varmint, visti gli effetti terminali, ma data la complessità e i costi di ricarica appare una scelta sconveniente. Essendo corte e molto leggere queste palle soffrono moltissimo il vento, quindi valutare attentamente lo scenario di impiego e la stagione. Le polveri più indicate sono risultate essere la RS60 e la ineguagliabile MRP. Attualmente pare siano andate fuori produzione, ma sono ancora reperibili. Una buona sostituta, sulla carta, dovrebbe essere la Ballistic Tip da 120 grani, ma non ho avuto modo di provarla. Il manuale RWS indica come lunghezza ottimale di cartuccia 80 mm per la KS da 121 grani.

Sierra Gameking 140 grani.

Non molto stabili e leggere. Originariamente presi queste palle quando iniziai a ricaricare. Non trovando bossoli originali, sacrificai una scatola di bossoli in 6,5×68 per provare il fire forming, e queste ogive erano destinate principalmente a questo scopo. Il risultato era incoraggiante e testai diverse ricariche coi bossoli ottenuti.

Poca spesa e buona resa.

Pur con risultati accettabili, non sono mai riuscito ad ottenere la proverbiale precisione del 7×66. Le velocità a cui l’ogiva risultava stabile erano sempre comunque di un buon 25% inferiori alle massime esprimibili, il che non è un male data la fragilità della palla. Per un impiego su selvaggina leggera entro distanze non esagerate sono raccomandabili, specie in rapporto al prezzo. Non permettono comunque di esprimere al meglio le doti del 7×66 Vom Hofe.

Nosler Ballistic Tip 150 grani.

Come scritto prima, non le ho utilizzate per la ricarica, ma su una cartuccia commerciale. Anche questa ogiva è realmente troppo fragile per il calibro in oggetto. A meno di insidiare prede leggere oltre i 250 metri, o di cercare un alto potere di arresto su prede leggere e medie, questa ogiva presentarà danni alla spoglia imponenti. Le cariche commerciali da me utilizzate esprimevano velocità sui 940 ms, ben al di sotto di quelle potenzialmente esprimibili avvicinandosi al limite.

Un buon maschio abbattuto a quasi 250 metri, attinto sulla spalla. I danni interni erano davvero imponenti.

E’ mia opinione che, come per molte altre ogive di peso intermedio, sia necessario sacrificare velocità ed energia in favore della stabilità. Il discorso cambia drasticamente sulle armi con canne molto lunghe, dove è possibile stabilizzare le ballistic tip a velocità più elevate sfruttandone a pieno le potenzialità sulla lunghissima distanza.

L’unico residuo integro della ballistic tip recuperata sottopelle nel basso addome. Nonostante la distanza si è disintegrata.

Swift Scirocco II 150 grani.

Bellissime ed affidabili, come tutti i proiettili Swift. Sono senza dubbio i proiettili che più hanno contribuito all’enorme successo del 7 Remington Magnum oltre oceano. Sono ogive Bonderizzate, ma abbastanza morbide da affungare anche a lunghissima distanza e su prede leggere.

Dotate di un Coefficiente balistico tra i più elevati, .515, mantengono radenza ed energia eccezionali ben sopra i 250 metri. Il CB elevato sacrifica notevolmente la superficie di contatto con la rigatura, rendendo la palla meno stabile, complice il free bore lunghissimo. Ho trovato utile impiegare una lunghezza di cartuccia elevata per ridurre questo fenomeno, ma al solito la stabilità migliore è stata raggiunta sacrificando molti metrisecondo. Ho ottenuto una rosata discreta, sicuramente impiegabile a caccia entro distanze canoniche. Il comportamento delle Scirocco sul campo è stato sempre esemplare, buon potere di arreesto, danni contenuti e fughe molto brevi con colpi piazzati sul Blatt.

Scirocco II, 150 grani 100 metri, accettabile.

Con un piazzamento decisamente meno rispettoso, sulla spalla o alla base del collo, il risultato è stato sempre istantaneo. Se devo trovare un neo a questa bella palla, è il peso. 150 grani, non sono ne carne ne pesce, o meglio ne limitano un po’ la sfera di impiego. Pur essendo notevolmente efficaci, il peso contenuto ne limitano la penetrazione in masse corporee imponenti. Non la utilizzerei su grossi cervi o cinghiali enormi, dato che su uno di questi, con un tiro di tre quarti, ha fallito l’uscita, senza fermare sul posto il selvatico. Un peso più elevato avrebbe avuto bel altri risultati, ma proprio per questo Swift produce le ottime A-Frame da 160 e 175 grani in 7mm. Dopo averle viste all’opera le trovo ottime su tutto fino ai 100-120 chili di peso. Eccellenti sul daino, preservano molto le ottime carni. La polvere che ha ottenuto il miglior risultato è stata la RS60.

RWS EVOLUTION 159 grani.

Notevoli! Sono arrivato a queste ogive mentre cercavo una palla bonderizzata per cacciare animali molto pesanti. Data la estrema disponibilità odierna di ogive con mantello e nucleo saldato ho avuto l’imbarazzo della scelta. Il loro design molto classico, simile per certi versi a quello delle H Mantel mi ha fatto propendere per queste bellissime Evo.

Hanno un coefficiente balistico decisamente buono, .399, un puntalino metallico, forse in ottone, che scongiura qualsiasi problema di alimentazione e incrementa le doti aereodinamiche. Sono palle molto lunghe, la superficie di contato con la rigatura è estesa, questo assicura una ottima stabilizzazione ma al contempo tende inevitabilmente ad innazare le pressioni. Mai dimenticare che le ogive bonderizzate hanno una pressione iniziale ben più elevata delle classiche semiblindate, quindi,a parità di peso, le cariche dovranno essere quasi sempre più basse. Anche in questo caso una attenta scelta della lunghezza di cartuccia e della polvere hanno svolto un ruolo chiave. Grazie alla ottima fattura un proiettile un po’ più lungo non ha generato problemi di alimentazione, e la solita N570 ha fatto il resto. Sul bersaglio producono grande pecisione, davvero significativa. L’aspetto più soddisfacente è stato che il punto di impatto delle Evo era perfettmente in asse con quello del KS da 162 grani con cui era azzerata l’arma, segno che entrambe le ogive hanno doti balistiche molto simili.

Le ottime Evo da 159 grani.

Non sono palle destinate a selvaggina leggera, a meno di non sacrificare una spalla o di riuscire a colpire il collo; Il loro campo di impiego principe sono i grandi ungulati europei e africani. Ho potuto testare le sue doti solo sul cinghiale: foro di ingresso netto, al solito fustellato con pelliccia rasata, foro di egresso sfrangiato con versamento ematico molto evidente. I danni alla spoglia sono ovviamente dipendenti dal piazzamanto del colpo, in linea con le altre ogive bonded sul mercato.

NORMA TIP STRIKE 160 grani.

Ottima e precisa.

Pochi anni fa Norma ha deciso di lanciare una nuova linea di proiettili, denominati TipStrike. Sono caratterizzati da un design piuttosto classico, base piatta, corpo snello, e puntalino in polimero decisamente ben fatto. Il mantello aumenta di spessore progressivamente, ma non è saldato al nucleo.

Allo studio..

Hanno un coefficiente balistico decisamente alto, ben .510, e densità sezionale tipica. Norma ha sviluppato questa palla affinchè cedesse tutta l’energia intra corpore con un effetto stop immediato. Si tratta in fin dei conti di una palla soft point molto ben costruita, che ben si presta a tiri anche molto lunghi, e che riesce a gestire con una certa tenacia impatti violenti a distanze ravvicinate. E’ un’ogiva da tenere in buona considerazione: la forma non esasperata garantisce una superficie di contatto con la rigatura sufficiente a stabilizzarla, mentre il CB decisamente moderno garantisce una radenza invidiabile.

Pronte.

Appena riuscii a mettere le mani su una scatola di palle, iniziai a sviluppare una ricarica. Non è stato semplice, dato che Quickload non riporta i dati di questa recentissima Tipstrike; Quindi fu necessario configurare il proiettile ex novo, misurandolo accuratamente e inserendo i dati manualmente nel programma. Successivamente sviluppai un paio di cartucce, tenendomi piuttosto basso con il caricamento. Anche per questi proiettili, vale quanto detto per le Scirocco. Una lunghezza di cartuccia elevata riesce a migliorare la precisione e il raggruppamento. Come descritto precedentemente, anche la Tipstrike si è stabilizzata ad una velocità inferiore a quella massima teoricamente esprimibile dal calibro, ma vista la sostanziale natura del proiettile e l’elevatissimo CB, questo non è stato in alcun modo limitante.

Una buona rosata con le Tipstrike.

Appena ottenuta una buona rosata, scrissi una mail a Norma raccontando quanto fatto. Credo che la azienda svedese nutra una sorta di nostalgico rispetto per questo calibro, perchè mi chiesero di scrivere un articolo sul mio studio di ricarica, e lo pubblicarono sul loro sito. Una bella sensazione.

https://www.norma-ammunition.com/en-gb/norma-academy/dedicated-components/submitted-loading-recipes

Sui campi di caccia, la Tipstrike si è rivelata molto efficiente, con abbattimenti puliti e rapidi. Al pari di altre palle a struttura convenzionale, si è dimostrata un po’ fragile alle velocità del Vom Hofe, ma mai distruttiva. E’ davvero un buon proiettile, da non impiegare su animali enormi, ma è molto preciso e con un effetto terminale davvero spettacolare.

HORNADY ELD-X 160grani.

Lunghe come matite. Ogive molto impressionanti, dotate di coefficinte balistico elevatissimo e di profilo a bassissima resistenza. Nei calibri più moderni raggiunge velocità elevate e grazie alle caratteristiche aereodinamiche conserva velocità ed energia fino a lunghissima distanza. La sua struttura è quella di una classicissima soft point; dotata di puntalino aereodinamico di ultima generazione, è stata progettata per il long range hunting. Impatti a velocità elevate possono mettere in crisi la sua struttura, ma essendo destinata a colpire bersagli molto lontani, è prefetta per trasferire grande energia anche a prede di mole.

ELD-X.

Purtroppo, come detto precedentemente, nel nostro amato 7x66VH non è riuscita ad esprimere almeglio le doti per cui è famosa. Tengo a precisare, è un’ottima palla, e sicuramente lavorerà al meglio nei calibri per cui è progettata, con freebore limitati, pressioni più miti e torrette balistiche per correggere la caduta.

RWS KEGELSPITZ 162grani.

Ottime e basta.

Al momento in cui sto scrivendo, posso affermare che queste sono le migliori ogive da me provate nel buon vecchio 7×66.

Old fashion.

Come sempre avviene, le KS fanno sparare bene se non benissimo quasi tutte le canne, e questo è di gran lunga il parametro più importante affinchè il cacciatore riponga fiducia nella propria arma, sopratutto nei tiri a lunga distanza. Le Kegelspitz sono fondamentalmente delle ottime palle tradizionali, con coefficiente balistico non esasperato e una superficie di contatto con la rigatura estremamente sviluppata. Il foro di ingresso è sempre perfettamente fustellato, grazie ad un bordo tagliente ricavato sul corpo del proiettile, che possiede anche la notevole funzione di tagliare perfettamnte la pelliccia al momento dell’ingresso. Ritrovare sull’anschutz il caratteristico ciuffo di peli è sempre garanzia di risultato. Il vero segreto di queste palle è il perfetto equilibrio tra mantello e nucleo, che garantisce penetrazione, rilascio di energia e danni invalidanti. Il maggior numero di abbattimenti li ho conseguiti con questo proiettile, e posso assicurare che non una volta ha fallito l’intento.

Kegelspitz 10,5 grammi.

Su animali leggeri, come il capriolo, si dimostra sempre efficacissimo, mentre su prede di mole più elevata è semplicemente strabiliante. Il suo unico neo è il coefficiente balistico non elevato, ma nel nostro caso possiamo tranquillamente trascurarlo. Una attenta valuazione del freebore mi ha permesso di stabilire che questo proiettile, nella mia carabina, entra in contatto con la rigatura dopo aver abbandonato completamente il bossolo, rispettando il disegno originario di Vom Hofe e Gehmann.

Sorprendente!

Ho elaborato due ricariche; la prima, utilizzando polvere Norma MRP, era capace di svilupare 950ms, energia più che buona e precisione finalmente sconcertante. A 100 metri era in grado di piazzare tre colpi in un unico foro delle dimensioni di una moneta da 2 centesimi, utilizzando un’ottica 6×42 e un semplice sacchetto di sabbia come appoggio. Sul campo si è rivelata essere dannatamente efficace: caprioli, cinghiali anche molto grandi abbattuti in modo istantaneo, con danni interni molto ingenti. Oltre i 250 metri il calo di velocità determina uccisioni un po’ più lente su animali leggeri colpiti in cassa, con fughe dell’ordine di qualche metro. Volendo utilizzare questa palla per la caccia al camoscio, ho elaborato una seconda ricarica, utilizzando una polvere abbastanza recente e squisitamente destinata ai calibri magnum, la N570. Questa polvere a combustione ultra lenta ha granuli di dimensioni molto voluminose, fattore che ha comportato qualche difficoltà nella messa a punto della ricarica. La cartuccia ottenuta aveva una lunghezza un po’ superiore a quella indicata dal manuale RWS come ottimale, e risultava leggermente compressa. La esecuzione di cariche compresse, malgrado non consigliabile, si rende a volte inevitabile con polveri ultralente molto voluminose. Nello specifico, la simulazione prodotta da Quickload prevedeva pressioni non esasperate, a fronte di una velocità predetta di 985ms. Al poligono, il cronografo dette risultati paritetici a quelli previsti, e una precisione pressochè invariata. Azzerando l’ottica 5 cm sopra la mouche a 100 metri, potevo contare su un drop di soli 15 cm a 300 metri. Mirando a filo di schiena potevo contare di abbattere un bel camoscio a 300-350 metri se facevo la mia parte. I risulati ottenuti a caccia sono stati strabilianti.

Un bellissimo Fusone melanico, abbattuto in movimento a quasi 200 metri.

Un fusone di Daino, attinto a 190 metri di tre quarti mentre camminava in salita, con angolo di sito non trascurabile, crollò dopo aver fatto due passi. La KS era entrata nel basso costato sinistro, penetrando l’intero corpo dell’animale ed era fuoriuscita in corrispondenza dell’ascella destra restando trattenuta dalla pelle. L’ogiva era notevolmente deformata e aveva perso parte del peso originario, ma aveva svolto egregiamente il suo compito, percorrendo oltre un metro attraverso le viscere del daino. Il peso del fusone era superiore ai 70kg .

Un tiro decisamente difficile.

A dispetto di chi aveva previsto una separazione certa tra nucleo e mantello, le ottime palle tedesche si sono dimostrate all’altezza del compito, e se mi trovassi nelle circostanze le utilizzerei anche su grossi cervi adulti, fermo restando che esitono palle da 7mm, e soprattutto calibri, più idonei a questi tipi di selvaggina.

Lavoro perfetto!

Dopo qualche settimana, con la stessa cartuccia, sono riuscito ad abbattere una femmina anziana di Camoscio, di ben 13 anni. La furbissima capobranco ci ha costretti ad una snervante attesa di ore prime di alzarsi, permetterci di capire che era asciutta, stimarne l’età e quindi abbatterla.

Weidmannsheil!

Il tiro, a poco più di 270 metri, é risultato complicato solo per la precarietà dell’appoggio e il freddo patito. Nonostante un angolo di sito pronunciato, la KS non ha fallito, attingendo la femmina sul Blatt, abbattimento fulmineo. Una soddisfazione indescrivibile.

Una buona Femmina di 13 anni.

Francamente mi sento di consigliare questa ogiva senza limitazioni. In un unico caso, su decine di abbattimenti, ho avuto una ferita di tipo esplosivo, passante, con fuoriuscita di buona parte delle viscere dal foro di egresso. Essendo stato un tiro sporco, su animale molto leggero, ritengo che la palla sia arrivata sul selvatico già espansa, o peggio in tumbling, dopo un impatto sulla vegetazione.

Ricordi indelebili.

La polvere N570 si è dimostrata veramente risolutiva, capace di spremere molti metri secondo in più, mantenendo una elevata precisione. La raccomando per le palle di 160 e 175 grani specialmente se Bonded. Le pressioni di esercizio sono più basse, con minor stress su arma, bossolo e tiratore, pur raggiungendo la completa combustione. Il manuale di ricarica RWS indica una lunghezza di cartuccia ottimale pari a 84 mm.

La caccia più bella del mondo.

HORNADY CORE LOCK 175 grani.

Un super classico.

Non ho davvero usato la fantasia, per sviluppare una ricarica con queste palle. Cercando in rete sui forum tedeschi, più di un attempato fan del nostro calibro, rimpiangeva i tempi in cui Gehmann caricava le pesanti ogive Hornady. A detta loro erano quanto di meglio per mettere fine a disquisizioni di ogni genere con grossi cervi, cinghiali e daini. Essendo un proiettile che ha superato indenne diversi decenni di vita, continuando ad essere un best seller, ho deciso di prenderne una scatola. Mi sono limitato a riprodurre le velocità espresse dal caricamento originale, adattando la lunghezza di cartuccia alle mie esigenze.

Una buona mattinata.

La radenza lascia un po’ a desiderare, specie se raffrontata a quelle tipiche del calibro, ma se consideriamo che è destinata a ungulati prossimi ai due quintali con un’area vitale grande come lo sportello di una utilitaria, è facile comprenderne le potenzialità. Tarando l’ottica in modo da essere 6 o addirittura 8 centimetri sopra la mouche a 100 metri, saremo in sagoma fino a quasi 300 metri su un cervo adulto, con un potere d’arresto di tutto rispetto e una penetrazione eccezionale. Ho utilizzato la N570, ottenendo una pressione ben più bassa rispetto a quella che avrebbe sviluppato la MRP a parità di prestazioni, e un rinculo pastoso e molto ben gestibile.

BRENNEKE TIG 177 grani.

Il Valhalla.

Vi consiglio di dare massima considerazione a questa collaudatissima ogiva che ha ormai supperato il secolo di servizio. Come sempre quando si tirano in ballo le vecchie glorie gli astanti si dividono.

Alto potere di arresto e penetrazione.
Perfette per prede molto grandi

C’è chi le onora in quanto tali, e chi le vorrebbe veder sparire perchè vecchie e desuete. Ma qui stiamo parlando di un calibro obsoleto, che appartiene ad un glorioso passato, ed odora di cose vecchie e maledettamente mortali. La TIG è probabilmente quanto di più simile alla vecchia Torpedo Stopring vi riuscirà di trovare. Della sua struttura abbiamo già parlato, è una doppio nucleo ad alto coefficiete balistico, la cui porzione anteriore è deformabile, o meglio frangibile alle velocità tipiche del 7×66 Vom Hofe, e quella posteriore pressochè indeformabile. A qualsiasi distanza le vecchia TIG produrrà un foro di ingersso fustellato con solito taglio perfetto della pelliccia, e un foro di egresso solitamente della sezione di 7mm. I danni interni, invece, dipenderanno dalla velocità e dai tessuti incontrati. A velocità molto elevate la parte frontale assume andamento dirompente subito dopo l’impatto, generando una miriade di proiettili secondari dal potere invalidante esagerato. A velocità più basse la parte anteriore si deformerà, arrivando anche a separarsi dal nucleo posteriore, mentre invariabilmente quest’ultimo produrra sempre un foro di uscita, una abbondante traccia ematica da seguire e il tipico, enorme, schizzo di sangue a campana sull’Anschutz. Ho scambiato diverse mail con Brenneke, valutando l’utilizzo della loro TOG per animali di mole. Invariabilmente, i tecnici, al nominare il 7×66 Vom Hofe, tornavano a consigliare caldamente la TIG da 177 grani. Tendo a fidarmi di chi produce armi e munizioni da un secolo, specie se parla tedesco. E infatti i risultati sono stati sempre ottimi, grande precisione, costanza e balistica terminale impressionante specie su animali grandi, con massimo rispetto della spoglia. Ho trovato eccellente la MRP: essendo una palla molto lunga con la classica coda a torpedine, la N570 creava problemi di ingombro, mentre non serve spingere questa vecchia signora a velocità siderali.Il manuale di ricarica RWS indica una lunghezza di cartuccia ottimale pari a 84 mm.

Datele massima fiducia.

Magie di fine estate.

COMPENDIO DI RICARICA: LA RISONANZA ARMONICA E LA TEORIA DEI NODI.

Questo paragrafo non vuole essere un trattato di fisica, ma data la peculiarità del calibro studiato, non guasta affatto intodurre questi due concetti, non semplici, che possono influenzare enormemente la precisione di una cartuccia. Secondo un ben noto principio fisico, la detonazione produce un’onda d’urto che si propaga a velocità diverse a seconda del mezzo. La velocità di propagazione attraverso l’acciaio è estrememente alta, essendo un solido con alta densità. Le onde si propagano dalla camera di scoppio alla volata e viceversa, rallentando e dissipandosi man mano, determinando una vibrazione della canna. E’ noto a tutti che le canne fluted riescano ad esprimere maggiore accuratezza, e che appoggiare la canna su un solido oltre l’impugnatura provoca una alterazione sostanziale della precisione; la spiegazione di entrambi i fenomeni implica il fenomeno sopra descritto. Ovviamente il treno di onde, si propagherà in modo diverso a seconda della lunghezza della canna, del materiale con cui è costruita e in parte a seconda delle condizioni meteo: la risposta di un solido al passaggio di un’onda cambia notevolmente tra -30 e +40 gradi centigradi. Questo introduce la teoria dei “nodi”. L’osservazione empirica prima, e l’applicazione della fisica poi, hanno dimostrato che qualora il proiettile si trovi ad abbandonare il vivo di volata nel momento esatto in cui la vibrazione armonica sia in prossimità della camera di scoppio, la destabilizzazione impressa sarà minima, poichè il più lontana possibile dal proiettile. Viceversa, la precisione della cartuccia diminuirà man mano che l’onda si avvicinerà al vivo di volata, al momento della fuoriuscita del proiettile. Appare quindi evidente che la conoscenza esatta del tempo di canna (barrel time) sia fondamentale per costruire una munizione precisissima. In rete è possibile trovare dei calcolatori in grado di identificare i “nodi” semplicemente introducendo la lunghezza della canna; per “nodo” si intende il momento esatto in cui la vibrazione è localizzata praticamente nella camera di scoppio, ed è l’istante perfetto affinchè il proiettile abbandoni la canna senza subirne il disturbo. In questo particolare aspetto della ricarica casalinga, programmi come Quickload diventano di importanza vitale, essendo in grado di stabilire con elevata precisione il barrel time, ovvero il tempo necessario al proiettile per giungere al vivo di volata con una data ricarica. Normalmente nessun cacciatore si spinge così addentro a questioni tipiche del tiro a lunghissima distanza: questi calcoli complessi sono appannaggio di chi fa suonare pesanti Gong a 1000 metri. Di solito la precisione richiesta per l’attività venatoria è di molto inferiore, data la precarietà tipica dell’appoggio, gli stress subiti dall’arma nei trasporti e soprattutto le dimensioni dell’area vitale delle prede. Ma nel caso specifico del 7×66 Vom Hofe può essere di notevole interesse. Anzitutto per via del materiale con cui erano costruite le canne. Nel tempo diversi costruttori si sono cimentati nella realizzazione di armi in questo calibro, ma dai dati che ho potuto raccogliere, solamente alcune erano davvero precise. In particolare, tutta la produzione Gehmann e successivamente Mauser (Gehmann contribuì non poco allo sviluppo della Europa 66) utilizzavano acciaio di altissima qualità, solitamente Anthinit o Boheler Super Blitz. Leggeri, estremamente resistenti e dalle caratteristiche armoniche uniche, questi acciai rappresentavano all’epoca, e per certi versi anche oggi, la punta di diamante delle conoscenze siderurgiche tedesche e austriache in campo armiero. Dopo i primi tentativi poco fruttuosi ho deciso di provare ad applicare le teoria dei nodi alla ricarica, ed effettivamente ho riscontrato miglioramenti notevoli. Utilizzare questi parametri è un grande vantaggio: anzitutto perchè permette di affinare molto le ricariche già sulla carta, ed arrivare in poligono con una precisione elevata, riducendo i viaggi a vuoto, polvere e palle sprecate e, visto le difficoltà a reperirli, allungando di molto la vita dei bossoli. In secondo luogo, la peculiare conformazione con free bore lunghissimo e il tipo di acciaio, tendono ad esasperare i problemi relativi alla destabilizzazione indotta dalle vibrazioni. Sono giunto a questa conclusione non solo in seguito alla osservazione dei notevoli miglioramenti nella precisione; leggendo tutti gli articoli che sono riuscito a trovare e le discussioni sui forum, sopratutto in lingua tedesca, unanimamente consigliavano di allestire ricariche con dosi vicino a quelle massime, per ottenere la migliore precisione. Questo “consiglio”, che ho trovato più volte espresso anche per la ricarica di altri calibri simili quali 8x68S e 6,5×68, è stato un campanello. Tutte queste armi, hanno canne di lunghezza pari a 65-66cm, sono per lo più di produzione tedesca o austriaca e utilizzano ottimi acciai. Ho passato ore a controllare le “ricariche perfette” mie e di amici, e anche quelle trovate su manuali e in rete. In tutti questi casi, simulando su Quickload la ricarica, le pressioni espresse erano nell’ordine dei 4300 bar. La mia conclusione è che le polveri più comunemente utilizzate per questi calibri, e consigliate da tutti i manuali, avendo un rateo di combustione molto simile, alle fatidiche 4300 bar esprimono valori di Barrel time molto vicini al nodo, o addirittura sul nodo (come la mia precisissima ricarica con le H Mantel in 8x68S). Empiricamente, e dopo quintali di polvere bruciati, i ricaricatori erano giunti alla nozione che per farli sparare bene, questi calibri dovevano essere “spinti”. Ma questo ovviamente era un concetto che si applicava, inspiegabilmente, solo ad alcune ogive. Conoscere il segreto di questo complesso fenomeno fisico, fino a qualche anno fa appannaggio di pochi, è fondamentale in alcuni ambiti. Da notare, inolte, come polveri e palle moderne abbiano cambiato decisamente le regole del gioco decretando tempi di canna completamente differenti da quelli ben noti con le polveri tradizionali.

E’ indispensabile applicare questo complesso sistema? No.

Può essere di aiuto in situazioni “limite”? Sicuramente SI.

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CONCLUSIONI

Dopo avervi rubato tanto tempo, cosa può rimanere da dire? Il 7×66 Vom Hofe è un bellissimo esperimento di stile, portato a termine dopo decenni di studio e le infinite difficoltà imposta da una guerra mondiale, e da una pesante sconfitta. C’è da scommettere che dietro la sua nascita ci fosse un’immensa volontà di riscatto, e che il successo ottenuto fosse in larga parte meritato. Per certi versi, e credo di essere nel giusto, questo bel calibro rappresenta il Canto del Cigno dell’epopea tedesca. Il crogiulo di menti geniali che portarono alla nascita di calibri e armi incredibili tra i primi del nocevento e il 1940, con la sconfitta della germania e la divisione di quel sogno che era stata la grande MittelEuropa teutonica si dissolse.

Un buon appoggio, un sacchetto stabile e niente di più.

La caccia, con i territori ad est perduti e le colonie dissolte, era un passatempo per pochi, o necessaria implementazione alimentare. Non c’erano più Enormi cervi Kapital da insidiare o spaventosi Orsi carpatici da tenere a bada, ne tantomeno bufali, elefanti, o ippopotami. Il Buon 7x66VH giunse alla ribalta quando questo mondo era già sconfitto, al Crepuscolo degli Dei. L’aurea mistica che lo h6a sempre accompagnato gli ha permesso di sopravvivere, adorato o rimpianto da chi lo ha conosciuto.Dopo di lui, praticamente, il nulla, escludendo il notevole 6×62 Freres, per certi versi consanguineo al nostro.

In alcuni di voi, probabilmente si sarà accesa una certa curiosità, altri che già conoscevano le doti di questo oscuro calibro forse si saranno domandati se possa o meno valere la pena cercare ed acquistare una carabina in 7×66 Super Express Vom Hofe. Se siete degli appassionati di armi di buona e ottima fattura, vi piace la cultura venatoria mittel europea e siete dei buoni ricaricatori, sicuramente si. Tenete a mente che non è adatto a lunghe sessioni in poligono, e che non dovete pretendere di snaturarlo o destinarlo a qualcosa su cui altri calibri più recenti possono batterlo. Se avrete la accortezza di impiegarlo per cacciare ungulati grandi e piccoli, con la sola accortezza di mirare in sagoma e tirare dritto, vi accompagnerà dalle cime innveate fino a dovre vorrete portarlo. Non è economico, ha una gestione complessa e richiede molti accorgimenti nella ricarica; ma possiede anche dei difetti. Se subirete il suo fascino, non ne uscirete. Ad oggi, se siete molto benestanti, potreste ordinare un Concari, o rivolgervi ad un artigiano di Ferlach per farvi costruire una carabina camerata in questo calibro o un bellissimo Kipplauf in 7x75R.

A coloro i quali credano che il 7×66 VH sia ormai desueto, superato o addirittura obsoleto, vorrei raccontare una storia: nel 2014 l’azienda Americana Nosler lancia sul mercato un nuovo calibro, annunciandolo come il 7mm più innovativo, dalle prestazioni strabilianti e mai viste prima. Non c’è nulla di strano, in questo: ogni azienda afferma che i propri prodotti siano i migliori. L’uscita del .28 Nosler avviene in pompa magna, Nosler propone non solo diversi caricamenti commerciali, ma ovviamente anche le armi che li camerano. Il calibro nasce squisitamente per il long range hunting, disciplina che negli Stati Uniti ha un seguito incredibile. In un paese dai grandi spazi aperti molti cacciatori sono costretti a tiri chilometrici, e ovviamente un 7mm molto potente è quello che fa al caso loro.

Quando vidi pubblicate per la prima volta le misure della munizione .28 Nosler, non riuscivo a credere ai miei occhi. Le misure del bossolo sono praticamente identiche a quelle del 7×66 Vom Hofe, come pure il volume interno.

7×66 VH e .26 Nosler a confronto.
Togliermi questa curiosità è stato molto costoso.

Anche In Nosler affermano di essere partiti dal .404 Jeffery, e credo che abbiano studiato a fondo la creatura di Gehmann. Non si tratta di plagio, il .28 Nosler ha un angolo di spalla e collo di bottiglia ottimizzati per la combustione delle moderne poveri ultralente, è specificatamente progettato per impiegare moderne ogive per long range, ad alto coefficiente balistico e a bassissima resistenza aereodinamica (Very Low Drag), viene camerato in armi ultra precise, pesanti, destinate ad un tipo di caccia ben preciso ed equipaggiate con ottiche di ultima generazione, con torrette balistiche idonee a compensare la caduta e l’effetto di Coriolis. Non so a voi, ma a me toglie il fiato, pensare che un’idea vecchia di un secolo sia ancora attuale e che con alcune modifiche sia così prestante. Ho acquistato una confezione di costosi bossoli in .26 Nosler, (quelli per il .28 sono introvabili) nella speranza che fosse possibile ottenerne dei bossoli per il 7×66, ma le misure della spalla impongono diversi passaggi per essere preparato alla termoformatura, e il fondello è appena più grande del previsto. Nosler ha percorso in toto la strada aperta dal loro 7 mm, e negli anni successivi sono usciti sul mercato con il .26 Nosler (6mm) , il .30 Nosler (7,62mm), il .33 Nosler (8,5mm) e il recente .27 Nosler (6,9mm-.270). Tutti condividono il medesimo bossolo adattato al diametro desiderato.

Tutti forse nipoti dell’intramontabile 7×66 Super Express Vom Hofe.

Weidmannsheil!

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  1. GRANDE E BELL’ ARTICOLO …… E GRANDE CALIBRO ; SI RIUSCIRA’ ANCORA A TROVARE UNA CARABINA IN QUESTO CALIBRO MAGARI USATA E TENUTA CON GRANDE CURA ? . SALUTI GIANNI

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  2. gran bel calibro ho 2 mauser in questo calibro dopo anni di ricerca sono riuscito a trovarli
    per quanto riguarda le cartucce ho speso una fortuna per atrezzarmi di dies e bossoli ma ora mi diverto un sacco.

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